Mercoledì 24 Aprile 2024

E Marinetti inventò il romanzo a venti mani

Nel 1928 “Lo Zar non è morto“ firmato dal Gruppo dei Dieci fondato dal padre del futurismo aprì la strada alla scrittura collettiva

di Riccardo Jannello

Un romanzo di "avventure", lungo, misterioso e affascinante, ucronico, il primo tentativo di un’opera a più mani come saranno poi quelle dei collettivi decenni e decenni dopo. Ma in questo caso gli autori – dieci – non sono in realtà un collettivo di scrittura, ma intellettuali, autori, commediografi, sceneggiatori, giornalisti che seguono il plot e costruiscono capitoli autonomi – che rimangono ognuno senza paternità ufficiale – che però sanno unirsi senza perdere la forza e l’originalità narrativa. Il romanzo si intitola Lo Zar non è morto e il “Gruppo dei Dieci“ che lo ha redatto a puntate – 119, fra il 18 marzo e il 6 agosto 1928 – sul Lavoro d’Italia è in rigoroso ordine alfabetico composto da Antonio Beltramelli, Massimo Bontempelli, Lucio D’Ambra, Alessandro de Stefani, Filippo Tommaso Marinetti, Fausto Maria Martini, Guido Milanesi, Alessandro Varaldo, Cesare Giulio Viola e Luciano Zuccoli. Il meglio della cultura fascista, anche se ognuno con le sue complessità.

Questo lavoro, scomparso e resuscitato qualche anno fa dall’interesse di uno studioso, Giulio Mozzi, è tornato in una nuova edizione curata da Simonetta Bartolini per Luni Editrice; la scelta che rende originale il volume è che viene proposta l’edizione integrale dell’opera, pubblicata sul Lavoro d’Italia e non quella che apparve in volume nel 1929 di cui si era persa poi traccia.

Il deus ex machina dell’operazione è Marinetti, come traspare nell’introduzione dove adduce i motivi di questa scrittura fantastorica e fantapolitica nella quale la Patria è alla guida del mondo civilizzato e il Duce è un personaggio da osannare come gli uomini che onorano la bandiera e che sono talmente forti da sapere rinascere dai propri errori.

C’è la necessità – nella mente del fondatore del Futurismo – di creare una "letteratura nazionale", "servire il romanzo italiano all’estero" e raccontare in una "forma perfetta, sintetica, veloce, alata" ogni gioia e ogni dolore, ogni eroismo e ogni disfatta che renda gloria alla cultura fascista.

"Nasca il super-Dante di domani, col suo eccitante inferno di critici, il suo purgatorio di editori e il suo paradiso di lettori e lettrici beati", chiosa Filippo Tommaso. Ma l’esperienza dei Dieci non partorirà altre opere simbolo, se non Novissimo segretario galante: 400 lettere d’amore per ogni evenienza.

La storia del romanzo è un intreccio di noir, spy story e fantasy proiettato nel futuro. Nel 1931 – quindi tre anni più tardi della stesura dei testi – viene ritrovato in Manciuria un uomo che appare la copia conforme dell’ultimo Zar, Nicola II, perito a Ekaterinburg nel 1918. Che sia davvero lui o un sosia non importa, basta scatenare una ricerca senza esclusione di colpi che coinvolge Italia – che vuole ripristinare il suo impero –, Russia – per ucciderlo definitivamente – e Cina – che già a quei tempi intravvede nell’affare un commercio lucroso. Dalla "China" – nella scrittura in voga all’epoca – dove viene ucciso un ufficiale italiano, alla Francia, dalla Svizzera all’Italia e alla Russia parte una caccia all’uomo ricca di suspense, di colpi di scena, di riflessioni sulla storia e sul potere. Un vero e proprio giallo che tiene avvinghiati fino all’ultima riga.

La protagonista è una donna, la misteriosa, passionale, raffinata Oceania World, Mata Hari e Giovanna d’Arco, crogiuolo di doti e stereotipi femminili che imprigiona i maschi che le gravitano attorno, siano diplomatici italiani o spie sovietiche senza scrupoli. Sullo sfondo Mosca, nella quale la spasmodica ricerca porta a un nuovo incendio.

La scrittura è aurea, e quella di "china" e "chinese" è solo un esempio, legata alle pagine del libro anche nella sua incostanza: uno dei giochi di Marinetti fu quello di non svelare autore per autore, il cui segreto è contenuto in uno scritto depositato da un notaio il cui studio non esiste più. All’epoca ci fu un concorso a premi fra i lettori, ma nessuno vinse.

Una lettura che ci permette di indagare molte cose di quel tempo. "L’ambientazione in un vicino futuro – spiega bene Simonetta Bartolini – dà alla vicenda una sorta di cifra pseudorealistica in ordine alla contrapposizione fascismocomunismo e al ruolo egemone che in essa avrebbe avuto l’Italia". Ma il romanzo è, come dice il termine, finzione.

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