Mercoledì 24 Aprile 2024

Cattivissimi in Cina: censurati anche i Minions

Pechino vuole opere edificanti: cambiato il finale dell’ultimo film della saga. Anziché sfuggire alla cattura, un protagonista finisce in prigione

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di Giovanni

Bogani

La censura cinese si abbatte anche sui pupazzetti gialli: i Minions. L’ultimo film della saga, Minions 2. Come Gru diventa cattivissimo, uscito in Italia il 18 agosto, e che ha già guadagnato 640 milioni di dollari a livello globale, nella versione che uscirà in Cina ha un finale diverso. La Cina, ricordiamolo, è il più grande mercato cinematografico del mondo. Può decidere le sorti economiche di un film: può farlo diventare un immenso successo, o tagliargli metà degli introiti globali, se il film non dovesse uscire nel paese. Beh, Minions 2 uscirà, ma con una serie di cartelli che ne cambiano il finale. Nella versione internazionale, Gru e il “grande vecchio“ Willy Krudo se ne vanno insieme ai Minions, dopo che quest’ultimo ha simulato la propria morte per sfuggire alla cattura. Una versione poco edificante, secondo le autorità cinesi. Presto fatto: non potendo girare scene alternative, le autorità cinesi hanno aggiunto dei cartelli in cui viene detto che "Willy è stato catturato dalla polizia, e ha scontato 20 anni di carcere". Mentre Gru "è tornato alla sua famiglia, e il suo più grande successo è essere il padre delle sue tre figlie". Così imparano.

Tradizionalismo, famiglia, legalità, ordine, disciplina. Non si deve deviare dal sentiero tracciato dalle autorità, ovvero dal Partito comunista cinese. Neppure se sei un cartone animato. Anzi, a maggior ragione. Nel 2018 Peppa Pig è stata bandita dai social media in Cina, giudicata un’icona sovversiva. Ma il cartone animato, entrato in Cina nel 2015, aveva già avuto 13 miliardi di visualizzazioni su iQiyi, l’equivalente asiatico di Netflix. Già, perché in Cina non ci sono le nostre piattaforme. Neppure Facebook, Twitter, Youtube o Wikipedia. Sono stati sostituiti da Pechino con propri servizi alternativi: controllati dallo Stato. È la cosiddetta “Grande Muraglia digitale"“ Qualsiasi libro, articolo, giornale o film viene revisionato dal partito prima della pubblicazione. E anche qualsiasi post.

Nel 2020 la giornalista cinese Zhang Zhan, dopo aver pubblicato notizie (vere) legate all’inizio della pandemia di Covid, è stata condannata a quattro anni di prigione per aver "procurato problemi all’ordine pubblico".

Tornando agli innocenti cartoni animati, nel 2021 ci ha pensato l’Agenzia nazionale di radio e televisione, che regola i contenuti che vanno in tv. Ha stabilito che "il contenuto dei cartoni animati deve essere sano, e promuovere la verità, il bene e la bellezza, mentre vanno assolutamente contrastate le storie cattive". Veniamo ai film. Sette anni in Tibet, che raccontava l’occupazione cinese del Tibet con un ottimo Brad Pitt, mandò su tutte le furie il governo cinese, che non solo bandì il film dall’uscita nelle sale, ma dichiarò Brad Pitt "persona non grata". Ne fece le spese anche Fight Club, interpretato da Brad Pitt, uscito nel 1999 dappertutto, ma non in Cina. Quando finalmente è uscito, l’anno scorso, il finale è stato cambiato. Nell’originale Edward Norton guarda fuori dalla finestra una serie di esplosioni, segno che il piano di Tyler Durden per distruggere la società moderna è andato a segno. In Cina non accade niente di tutto questo. Al suo posto un cartello: "La polizia ha rapidamente capito tutto il piano e arrestato i criminali, fermando le bombe prima che esplodessero". Ha commentato ironicamente l’autore del libro da cui Fight Club è tratto, lo scrittore Chuck Palaniuk: "Ma che bello! Fantastico! In Cina tutti hanno il loro lieto fine…"

Disney, pur di non perdere l’allettante mercato cinese, è scesa a più di un compromesso. Secondo una documentata relazione di Harvard, per la versione live action di Mulan, la Disney ha girato nello Xinjang, il territorio dove vivono dodici milioni di Uiguri, la minoranza musulmana sistematicamente vessata e oppressa dalle autorità cinesi.

La Disney ringrazia le autorità, e dimentica di aver girato in quelli che sono veri campi di concentramento, dove le donne uigure vengono sistematicamente violentate, torturate con shock elettrici nelle loro parti intime e sottoposte a sterilizzazione forzata, nell’ambito di un vero e proprio genocidio. La scelta della Disney di girare proprio lì appare quanto meno discutibile. Molti senatori Usa, di entrambi i partiti, hanno accusato la Disney di "mettere il profitto sopra ai principi".

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