Mercoledì 24 Aprile 2024

Caan e l’alter ego Sonny, un duro a Hollywood

L’attore, morto ieri a 82 anni, ha incarnato il figlio del “Padrino“ di Coppola. E lo scrittore torturato ma indomito di Misery

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di Giovanni Bogani

"Sonny" è morto. Per la seconda e ultima volta. Santino Corleone, il figlio primogenito di don Vito Corleone, la testa calda, quello nervoso, aggressivo, incline alla violenza, quello destinato a finire crivellato di colpi, come un San Sebastiano criminale, infilato dai mitra, crocefisso alla sua automobile, in una delle morti più devastanti e liriche della storia del cinema, ora è morto davvero. James Caan, l’attore che interpretava Sonny Corleone nel Padrino, è scomparso ieri a 82 anni. Per quella interpretazione, aveva ricevuto una nomination all’Oscar. E 140 sacchettini esplosivi di sangue finto nascosti sotto la giacca, destinati a rompersi uno per uno.

Sonny è il figlio maggiore, quello che si crede protetto dal vincolo di sangue, quello dal sangue caldo, quello più incline alla violenza: un ruolo che James Caan ricopre con un’interpretazione tutta adrenalina. Un ruolo che, peraltro, Caan ottenne battendo la concorrenza di un ragazzo all’epoca sconosciuto, ma piuttosto bravino: Robert De Niro. Mentre Caan, in partenza, avrebbe dovuto interpretare Michael Corleone, nel ruolo che poi sarebbe andato ad Al Pacino.

Poco importa, adesso. La sua performance nel ruolo di Sonny Corleone, il figlio del boss Marlon Brando, il figlio dalla testa calda, sarà ricordata fintanto che ci saranno film di gangster. E anche la sua morte scenica, con decine di pallottole che lo crocifiggono come un San Sebastiano criminale. All’epoca, Caan – nato il 26 marzo 1940 – aveva trentadue anni, era cresciuto nelle strade del Bronx, NY, figlio di due ebrei tedeschi. Non se la passavano male: papà aveva una macelleria, e lui aveva avuto la possibilità di iscriversi al college, dove fra i compagni di studio aveva incontrato quel ragazzo barbuto di origini italiane, Francis Ford Coppola. E con Coppola aveva interpretato il primo film importante, nel ruolo di un giocatore di football che aveva subito danni al cervello, nel film Non torno a casa stasera del 1969.

In principio, era stato il teatro, Broadway. Poi qualche serie tv, anche i telefilm Alfred Hitchcock presenta, finché (’66) non approda al western El Dorado, giovane antagonista di John Wayne. Poi aveva fatto piangere tutti con La canzone di Brian, in cui interpretava un giocatore di football, ancora una volta, ma in punto di morte. Premi come se piovesse, e il ruolo di Sonny che stava per cambiargli, per sempre, la carriera.

Una carriera in cui lui – fervente repubblicano, convinto trumpiano – ha saputo anche variare. Come in Rollerball, quella fantasia violenta sui pattini a rotelle che inquietò l’America di metà anni ’70; Caan è stato un agente della Cia in The Killer Elite di Sam Peckinpah, un attore romantico con Barbra Streisand in Funny Lady, ha recitato con Jane Fonda in Arriva un cavaliere libero e selvaggio. È stato un ladro professionista in Strade violente di Michael Mann, un altro regista duro, secco, con cui Caan si trova in sintonia. Poi la tragedia. La morte della sorella, di leucemia. L’uso e abuso di droghe. Cinque anni di depressione. Viene ripreso per i capelli dall’amico Coppola, con cui torna a lavorare nel 1987, in Giardini di pietra, sergente che sovrintende ai funerali militari durante la guerra del Vietnam.

Poi arriva Misery non deve morire (’90), da Stephen King, in cui interpreta uno scrittore perseguitato da una lettrice troppo appassionata, delirante, ossessiva (Kathy Bates da Oscar). In Misery c’è per lui quello che forse – più ancora che nel Padrino – è il ruolo di una vita: lo scrittore apparentemente "salvato" dopo un incidente d’auto, che diventa vittima di una donna, quasi la “nemesi“ delle sue performance da duro, fatto salvo il finale dove ristabilisce le vecchie regole.

Grandi ruoli. Grandi interpretazioni. E anche grandi rifiuti. Caan era famoso anche per avere detto molti "no". Fra i più clamorosi, il rifiuto di interpretare Qualcuno volò sul nido del cuculo, Incontri ravvicinati del terzo tipo, Apocalypse Now e Blade Runner. Tanto per gradire. Tanti no, e tante statuette sfiorate e mai afferrate. Rob Reiner, che lo diresse in Misery, e l’amico di lunga data Gary Sinise sono stati fra i primi a condividere il loro dolore. "È stato meraviglioso conoscerti, e poterti chiamare amico", scrive Sinise, il tenente Dan di Forrest Gump.

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