Venerdì 26 Aprile 2024

"Blonde tutto sesso". L’ultimo sfregio a Marilyn

Polemica social sul film dedicato alla diva: un’opera "crudele". Tratta la Monroe non come artista ma (di nuovo) come oggetto sexy

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di Silvia Gigli

Nessuna pietà. Carne da spettacolo è stata, carne da spettacolo rimane. Del genio artistico di Marilyn Monroe, della sua intraprendenza di donna d’affari, della sua sensibilità e voracità culturale, non si fa menzione nel film Blonde diretto da Andrew Dominik, protagonista la bravissima Ana De Armas. Il film, passato in gara a Venezia e adesso in streaming su Netflix, è tratto dall’omonimo biografia romanzata di Joyce Carol Oates, la quale peraltro non ha avuto niente da ridire sulla trasposizione cinematografica del suo lavoro. Trasposizione che però ai più appare completamente priva di tutte quelle sfumature psicologiche che hanno reso delicato e rivelatore il romanzo firmato dalla grande scrittrice americana, e che sono poi la cifra umana della vera Marilyn: non solo creatura fragile profondamente depressa e alla ricerca di amore e di quel padre che non aveva mai avuto, ma anche attrice inarrivabile, di raro talento e intensità.

Tutto è scoppiato sul web e dopo una dura recensione sul New York Times. La standing ovation di 14 minuti ricevuta dal film alla prima di Venezia è stata travolta in queste ore dall’ondata di malumore non solo dei critici, ma anche dei tanti spettatori della pellicola (che è attualmente la più vista sulla piattaforma streaming). È il popolo dei social che sta distruggendo senza appello Blonde, con commenti che lo definiscono "crudele", "sessista", "film tra i più detestabili mai realizzati".

La pellicola si apre con il primo piano del sedere di Marylin, prosegue con il suo aborto visto dalla prospettiva della sua vagina e si arricchisce con l’umiliante rapporto orale cui la costringe un Jfk che neanche le rivolge la parola, neanche interrompe la sua telefonata di lavoro: è chiaro che la figura dell’attrice non ne esce nobilitata. Semmai la Monroe viene trattata ancora una volta come merce sessuale.

"Date tutte le umiliazioni e gli orrori che Marylin ha subìto durante i suoi 36 anni, è un sollievo che non abbia dovuto subire anche le volgarità di Blonde – ha scritto in questi giorni sul New York Times la critica Manhola Dargis –. Marilyn era un’attrice di talento fuori dal comune. Ma ancora una volta un regista è più interessato ad esaminare il suo corpo che ad avvicinarsi alla sua mente". Blonde avrebbe dovuto portare sullo schermo non solo le sofferenze, il difficile rapporto con la madre, i dolori e le violenze che ha dovuto sopportare Norma Jeane nella sua brevissima vita ma anche la sua capacità di sublimare tutto questo dolore nell’arte d’attrice. Invece qui l’unico risultato è reiterare nei fatti – facendo finta di prenderne “idealmente“ le distanze – lo stereotipo di Marilyn oggetto sessuale, denudata, spiata nell’intimità di un ménage à trois come del lurido appuntamento con Jfk, con la cinepresa che indugia e ingigantisce il primo piano della diva nel corso dell’atto.

"Hollywood ha sempre mangiato i suoi divi, compresi i suoi morti – scrive Dargis –. Subito in Blonde Norma Jeane, strisciando da un’infanzia orrorifica verso l’età adulta, viene violentata da un uomo, qui chiamato Mr. Z, probabilmente Darryl F. Zanuck, il boss della 20th Century Fox, dove Marilyn Monroe diventa una star". Lo stupro del produttore, l’intimità del ménage à trois, il sesso con Jfk, tutto viene mostrato: "l’ultimo show necrofilo per sfruttarla", lo definisce Dargis.

"Ho avuto l’estrema sfortuna di guardare Blonde su Netflix: un film così anti-aborto, così sessista, così sfruttatore – scrive Steph Harold, ricercatore all’università di San Francisco specializzato nelle tematiche delle interruzioni di gravidanza – da lasciare atterriti". Gli fa eco Adam Nayman, saggista e critico di The Ringer: "Blonde è il tipo di film che ti brutalizza per tre ore senza motivo". Ma viene da un anonimo utente di Twitter la riflessione più tagliente, riportata da Variety: "Il film serve a mettere NormaMarilyn in una scatola che le permette solo di essere maltrattata, sessualizzata o chiamare le persone papà. Sarebbe bene smettere di lasciare a uomini misogini l’occasione di fare film rivoluzionari su donne di cui non sanno nulla". Ecco, forse Norma Jeane avrebbe meritato almeno il tocco leggero di una donna dietro la cinepresa. O quantomento di qualcuno che si fosse per davvero impegnato a darle quelle carezze, e quel rispetto, che in vita non ha mai avuto.

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