Mercoledì 24 Aprile 2024

"Amore, la fine del mondo è in casa nostra"

Ivan Cotroneo nel nuovo film “Quattordici giorni“ racconta una coppia in crisi costretta a convivere per il lockdown: "Adulti ma fragili"

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di Silvio Danese

Quando la quarantena era quattordicina (oggi stiamo a sette giorni, se vaccinati) c’era una volta una coppia scoppiata, Lorenzo e Marta, separandi in casa dopo dodici anni di matrimonio. Siamo nell’anno del Signore del Primo Lockdown. Fuori il silenzio con le immancabili sirene lontane e i vicini da spiare sul terrazzo. Dentro, be’ dentro, appartamento borghese ampio e luminoso, è un conto alla rovescia di recriminazioni e vendette, ricordi e tormenti, pesci in faccia e confessioni. Marta, fisioterapista, ha scoperto l’amante di Lorenzo e, infuriata, dispettosa, aggressiva, non può fare il gesto da copione: sbatterlo fuori di casa e giù dalla finestra mutande e camicie. Lorenzo, avvocato, vorrebbe sparire. Ma insofferente, incostante, a volte odioso, deve sopportare, anzi si veste da generoso supporter della situazione sanitaria di coppia, una bella via di fuga da fermo.

Commedia e dramma si avvitano alla sorti di un lungo amore, indebitato prima con l’altalena del ménage, poi con l’indifferenza, infine con un rinfacciato fastidio. Alla fine...

Scritto in dimora forzata, al telefono, con Monica Rametta, e diretto da Ivan Cotroneo (già al cinema con La kriptonite nella borsa e in tv con La compagnia del Cigno; membro del Comitato scientifico della nostra iniziativa editoriale Luce!), Quattordici giorni è prodotto da Indigo, primo film europeo originale per la nascente piattaforma Paramount+ in Italia, dal romanzo omonimo (La Nave di Teseo), instant book di mail e stampanti tra autori irrequieti per un set "dramedy" rimandato. Il film è stato presentato ieri al Festival di Torino. Due attori come Thomas Trabacchi e Carlotta Natoli, sposi e genitori, piazzano solide simpatie e antipatie di ruolo e di genere, e sanno solo loro quanto investimento emotivo e fisico estratto dalla vita.

Cotroneo, come ci siete arrivati?

"Durante il primo lockdown Monica e io ci siamo scritti molte mail. Pensavamo a una storia di fragilità che riflettesse la fragilità della situazione. Io in casa in mutande, Monica non so come, abbiamo incominciato a scrivere entrambi di Lorenzo e Marta. Poi, al telefono, ciascuno leggeva entrambi i personaggi. Si tagliava, si lasciava, e avanti a scrivere. Abbiamo parlato e scavato molto nelle nostre vite. Certo, Carlotta Natoli e Thomas Trabucchi non sapevano che stavamo scrivendo per loro. Appena finito, ho chiamato Elisabetta Sgarbi e alla Nave di Teseo siamo stati accolti con entusiasmo".

Quattordici giorni in quattordici giorni?

"Sì, è stato un set rapido appena possibile, in sequenza, giorno per giorno, partendo dal medico che impone a Marta, e quindi al marito, la quarantena di tracciamento. Girare in sequenza per gli attori è rarissimo".

Coppia nella vita, interpreti navigati, come hanno modificato il testo?

"Per niente, e nello stesso tempo in modo totale. Prima di girare, mi hanno chiesto esplicitamente: vuoi qualcosa di nostro? No, ho risposto. Il testo è quello. Non voglio fare un documentario su una coppia. Thomas e Carlotta hanno portato, invece, qualcosa di unico che non è nelle battute, quel lessico insostituibile, speciale, dei corpi già pronto e vivo. Basta guardare la scena dell’attacco di panico, come si mettono sul divano di casa".

Dunque, due sceneggiatori pescano dalla loro vita per una coppia interpretata da attori che sono coppia nella vita.

"Sì, un bel giro di specchi, ma la guida era il testo, cercare l’equilibrio necessario ed evitare che il piatto della simpatia pendesse da una parte o dall’altra. Entrambi sono responsabili della crisi, entrambi sono esasperanti o teneri. Semmai si parteggia per la separazione o per la riconciliazione. Qualche rischio con Thomas, perché si parte dal fatto che lui ha tradito. Però poi...".

Infine, qual è il legame con la pandemia secondo lei?

"Il loro modo di vedere il presente e il resto della vita. La fine del mondo in casa nostra. Durante le pause dal set, man mano ho capito che stavo facendo un film su come i personaggi, e noi, guardiamo al tempo, in noi stessi come negli occhi dell’altro. Guardarsi negli occhi è una delle cose più impudiche al mondo".

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