Mercoledì 24 Aprile 2024

L’Europa come nella Grande Guerra. Quei soldati nel fango delle trincee

Padri e studenti in prima linea. Ihor sogna di diventare medico: "Voglio salvare vite, qui devo uccidere"

Un soldato ucraino in trincea

Un soldato ucraino in trincea

Kiev, (Ucraina), 1 aprile 2022 - Il fango oggi è secco, l’unica buona notizia della giornata. I mortai cadono senza un ritmo preciso, il cervello non riesce ad abituarsi. L’imprevedibilità è sfiancante ma gli uomini del sergente Ihor sono duri abbastanza da non dargli peso. Siamo su un pezzo di terra a est di Kharkiv, tra Kulynychi e Zernove, a questo punto di frontline i checkpoint sono piccole fortificazioni con mitragliatrici pronte e soldati attenti. Sotto di loro solo terra scavata in stretti cunicoli che portano ai bunker. La trincea nel 2022 è uguale a quella della Prima guerra mondiale nel nord Italia, un secolo fa. Cambiano solo le armi.

 Tutti col Kalashnikov tranne uno che ha sulla spalla un Rpg, un lanciarazzi, e ai piedi un Javelin. Cambia anche il sistema per comunicare. "Fammi una foto con questa bandiera, voglio mandarla a un mio commilitone che sta combattendo a Mariupol", ci chiede Morpeh, 56 anni, denti sparsi qui e lì ma – ci dicono – con la forza di tre uomini. Apre una grande bandiera con una croce blu in campo bianco e un quadrato giallo-blu in un riquadro. "Sono i Marines ucraini – ci spiega il sergente Ihor –. Poi mandagliela su WhatsApp. Mi raccomando non prendergli la faccia. La sua famiglia è ancora nei territori occupati dai russi". È un problema di molti soldati in questo avamposto che dal 24 febbraio, giorno dell’inizio dell’invasione, vivono per difendere la linea dai nemici.

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"I russi sono a poca distanza, laggiù, a un paio di chilometri. Ma non temere per il rumore, questa è la nostra artiglieria che spara" – continua Ihor, 31 anni e il sogno di diventare dottore –. Ero uno studente di medicina e qui sono anche un medico di campo, ma voglio essere un medico che salva le vite. Invece, per colpa dei russi devo difendere il mio Paese e per questo devo uccidere. Io non voglio uccidere".

Alle sue spalle c’è movimento, gli uomini si danno il cambio per entrare nel bunker, un buco sotto terra coperto da tronchi e teli per isolare da pioggia e fango. Dentro sarà grande dieci metri quadrati, sul lato accanto all’ingresso ci sono elmetti e fucili, dal lato opposto una stufa a legna che riesce a riscaldare il piccolo ambiente umido. Il pavimento è fatto con assi di legno e materassini. Un soldato riposa dopo aver fatto il turno di guardia di notte. È così stanco che si accorge a stento del nostro ingresso. Quando ci riconosce alza solo il braccio e dice ’Slava Ukraini!’ (Gloria all’Ucraina!, ndr), il motto che lega tutti gli ucraini, non solo quelli in mimetica.

Il cielo è bianco, qui dentro entra una luce fioca e il rumore delle esplosioni è attutito come fosse sott’acqua. Se le facce dei soldati fossero senza colori dovremmo controllare la data sul calendario, non può essere il 2022.

Non può essere l’Europa. Sotto due metri di terra, con soldati che entrano ed escono per recuperare i caricatori, i trattati di pace e le ipotesi di fine imminente della guerra sembrano molto lontani.

"I russi non sono persone. Se lo fossero avrebbero a cuore le loro famiglie e la vita degli altri. Invece sono animali e come tali si comportano". Ihor fuma tre tipi di sigarette diverse, ha i pacchetti infilati accanto al coltello e alle munizioni. "Sono qui dal 24 febbraio, dal primo giorno dell’invasione russa. Da 36 giorni difendiamo questa linea. Ma ho già combattuto dal 2014 al 2021. Ho visto la prima volta mia figlia quando aveva 3 anni. La seconda volta quando ne aveva 5. Sono stato con lei solo 6 mesi da civile e poi per colpa dell’invasione russa sono tornato di nuovo qui e non posso più vedere lei, mia moglie e i miei genitori. Perché stiamo combattendo per loro".

Cambia pacchetto. "Il momento peggiore è stato il 26 febbraio. Eravamo in piena frontline e non avevamo avuto ancora il tempo per costruire una fortificazione. I russi ci hanno bombardato con aerei e artiglieria, siamo stati costretti a ritirarci. Grazie a Dio nessuno dei nostri è morto né è rimasto ferito ma è stato davvero spaventoso quel giorno. Dopo la vittoria tornerò da mia madre, stringerò la mano a mio padre, e darò un grande abbraccio a mia figlia e mia moglie". Fa un tiro, si ferma. "Se sopravviverò".

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