![Jürgen Sparwasser, centrocampista della Germania Est, subito dopo il gol decisivo alla Germania Ovest ai mondiali del 1974 Jürgen Sparwasser, centrocampista della Germania Est, subito dopo il gol decisivo alla Germania Ovest ai mondiali del 1974](https://www.quotidiano.net/image-service/view/acePublic/alias/contentid/MTM1MTBhZWQtOTQ0Zi00/1/ddr.webp?f=16%3A9&q=1&w=1280)
Jürgen Sparwasser, centrocampista della Germania Est, subito dopo il gol decisivo alla Germania Ovest ai mondiali del 1974
Ci sono dei minuti che fanno la storia. Quei momenti straordinari, come tagliati nel vortice dei giorni, che possono trasformarti di colpo in un eroe nazionale: è quel che successe a Jürgen Sparwasser. L’istante che cambiò la sua vita fu il settantasettesimo della partita delle due Germanie, ai Mondiali del 1974. Fu in quel frangente che l’allora centrocampista della nazionale della Ddr piazzò il gol vincente della prima e unica partita tra i due Stati che in realtà erano uno. Momento emblematico nella storia tedesca che venne capovolto da un altro momento emblematico, anche questa volta targato Sparwasser: la sua fuga dalla Ddr, nel 1988. L’ex eroe in Germania dell’Est ebbe il marchio del traditore, ma con il crollo del Muro di Berlino la storia finì per dare ragione a lui. In questi giorni è in Italia, a presentare il libro Sparwasser. L’eroe che tradì, di Giovanni Tosco (Edizioni Minerva).
Era 50 anni fa: lei è l’eroe della partita magica tra le due Germanie. Le capita di provare un po’ di “Ostalgie”, la nostalgia verso gli anni della Ddr?
“No, non parlerei di ‘Ostalgie’. È stato un periodo bellissimo della mia carriera, perché in quell’anno vinsi la Coppa delle Coppe con il Magdeburgo e poi partecipai al Mondiale, nel quale segnai il gol che mi ha reso celebre. Ma ho sempre cercato di vivere il presente”.
Eppure 14 anni dopo decise di fuggire dalla Ddr. Cosa lasciò dietro di sé?
“Era una decisione che avevo preso da tempo, perché la mancanza di libertà era diventata un peso insopportabile e aveva finito per influire sulla nostra quotidianità. Ne parlammo soltanto con un paio di amici fidati. All’inizio del 1988 fui invitato a giocare una partita a Saarbrücken, nella Germania Ovest, e negli stessi giorni mia moglie ottenne il permesso per andare a trovare alcuni parenti ad Hannover. Il piano riuscì e ci ritrovammo a Francoforte. Abbiamo lasciato tantissimo, quasi tutto, a cominciare da nostra figlia Silke, che era incinta: sarebbe stato troppo rischioso per lei seguirci. E poi tante cose materiali, ovviamente. A parte Silke, non abbiamo avuto il tempo per sentire la mancanza di qualcosa. Bisognava cominciare una nuova vita. Quando è caduto il Muro e Silke ci ha raggiunto con il piccolo Philipp le cose sono poi tornate alla normalità”.
Si dice che nella Ddr una persona su sei fosse un informatore della Stasi, il famigerato servizio di sicurezza dell’Est.
“La presenza della Stasi era costante, ossessiva. Tutti avevano paura di essere convocati per un interrogatorio che non sapevi come sarebbe potuto finire. Sicuramente tante persone che conoscevo ne facevano parte. Ma ho preferito non indagare”.
Lei dove si trovava quando cadde il Muro di Berlino?
“Avevo appena finito un allenamento con le squadre giovanili dell’Eintracht Francoforte e stavo tornando a casa in automobile. Alla radio sentii la notizia e rimasi sconvolto. Non potevo crederci. Avevamo capito che la situazione stava cambiando, ma nessuno pensava che sarebbe avvenuto in modo così veloce e totale. Provai lo stesso choc del 1961, quando a tredici anni scoprii che era stato costruito il Muro”.
Divenne un problema per lei anche l’episodio con Marco Tardelli, nel 1977, quando vi scambiaste la maglia.
“Alla fine della partita tra la Juventus e il Magdeburgo, Tardelli mi chiese di scambiare la maglia. La scena venne vista in tv e il nostro capo delegazione si arrabbiò tantissimo, minacciando di sospendermi dalla squadra e di non essere più autorizzato ad andare all’estero perché era vietato scambiare maglie con avversari capitalisti. Si limitarono a una multa che pagai volentieri. E la maglia di Tardelli è ancora appesa al muro nel salotto di casa mia”.
Il Muro cadde 35 anni fa: allora si pensava che il futuro potesse solo essere migliore. Ora si vede l’Ucraina, si pensa ai trionfi dell’ultradestra dell’AfD, la Germania è nel mezzo di una crisi economica.
“Provo tanta paura nel vedere che c’è la guerra in tante parti del mondo e al pensiero che esseri umani conoscano l’orrore dei bombardamenti e delle distruzioni. Mi rendo conto che siano discorsi complicati, ma spero vivamente che si possano trovare soluzioni pacifiche. L’AfD ha conquistato molti voti nelle regioni dell’Est, ma in realtà sta trovando seguaci anche a Ovest. Credo che dipenda soprattutto dalle sofferenze economiche di tante persone e per quel diffuso sentimento che chiamiamo antipolitica”.
In questi giorni anche Angela Merkel è in tour per presentare le sue memorie. Anche lei viene dall’esperienza della Ddr.
“È capitato di incontrarci, ma non abbiamo avuto mai occasione di andare oltre normali saluti. So che era in tribuna ad Amburgo il giorno della partita del 1974”.
Ecco, dal punto strettamente sportivo: quel gol è ancora un bel ricordo?
“È un ricordo stupendo, indimenticabile. Ho fatto tante cose nella mia vita, ma sarò ricordato sempre per quel gol. E mi va bene così”.