
Bomba sottomarina al ponte di Crimea. Missili russi a Sumy: quattro morti . .
La Russia non ha fatto in tempo a riprendersi dall’attacco di domenica, che secondo Kiev ha portato alla distruzione di 41 cacciabombardieri, che è tornata sotto scacco da parte dei servizi ucraini. Poco prima dell’alba, il ponte di Kerch, che collega la Crimea e la Russia, è stato preso di mira per la terza volta dall’intelligence, che, negli ultimi mesi, lo ha minato dalle fondamenta sotto il mare. Un’operazione unica nel suo genere, che denota ancora una volta come i servizi ucraini abbiano una grande una importanza capacità di azione.
Si è trattato di una deflagrazione molto violenta, provocata da 1.100 chili di tritolo ammassati con metodo e pazienza. I supporti subacquei del ponte sono stati gravemente danneggiati e la struttura è rimasta chiusa oltre due ore. Nonostante questo, i media russi non hanno parlato apertamente di attacco, come, del resto, non hanno ancora reso note le proporzioni dell’operazione di domenica. L’unica reazione, da parte del Cremlino è quella, ormai consueta, muscolare. Nella notte fra lunedì e martedì missili sono stati gettati contro la città di Sumy, vicina al confine con la Russia, causando la morte di almeno quattro persone. Un attacco, secondo il premier Zelensky, "deliberatamente organizzato per uccidere civili".
IL PRESSING DI KIEV
L’Ucraina, adesso, deve cercare di capitalizzare il successo e il trauma psicologico inferto alla Russia nelle due operazioni di intelligence, per convincere gli Stati Uniti del fatto che vale ancora la pena di puntare su di lei. La delegazione era guidata dal capo dell’ufficio presidenziale ucraino, Andriy Yermak. Washington era a conoscenza degli attacchi di domenica alle basi aeree russe. Nonostante Kiev abbia sottolineato, con orgoglio, che si è trattato di un progetto in tutto e per tutto autoctono, a molti è rimasto il dubbio che, a livello di informazioni, ci sia stato l’aiuto di servizi segreti internazionali. Ma Trump non ha scritto una riga sull’accaduto, segno che pur essendone informato e non avendolo impedito, non ne sia certo entusiasta. È emerso, inoltre, che Kiev non ha avvisato in anticipo gli Stati Uniti del maxi-attacco di droni di domenica contro le basi russe. Lo ha dichiarato la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ammettendo che l’operazione ha "assolutamente" sollevato dubbi sulla possibilità di un attacco simile negli Usa. La speranza di Zelensky è che l’accordo sui minerali strategici e i successi di questi giorni, inducano il tycoon a non azzerare gli aiuti economici e e soprattutto militari.
WORK IN PROGRESS
Nonostante il memorandum di Mosca abbia dimostrato che la Russia non abbia alcuna intenzione di porre fine alla guerra in tempi brevi, si lavora a un terzo round di negoziati a fine giugno. Ieri il capo della diplomazia turca, sede dei negoziati, Hakan Fidan, ha parlato con l’omologo americano, Marco Rubio. L’obiettivo, adesso, è capire come andare avanti e se e quanto entrambe le parti siano disposte a scendere a un compromesso. Da parte di Kiev si fa, pressante, l’invito a un incontro diretto fra Putin e Zelensky, sempre sotto la mediazione turca. Il Cremlino continua a smorzare le speranze, dicendo che, in questo momento, una faccia a faccia è ‘improbabile’ e che prima devono essere raggiunti accordi a livello tecnico. L’Unione Europea insiste. Il Commissario alla Difesa, Andrius Kubilius, ha dichiarato che "non bisogna aspettare la pace, ma crearla". L’unico modo, secondo lui, è continuare ad armare l’Ucraina e metterla nelle condizioni di potersi difendere. A questo proposito, il Vertice Nato a L’Aja sarà determinante per capire quali saranno gli orientamenti Usa.