Domenica 27 Luglio 2025
ALDO BAQUIS
Esteri

Gli "errori" dell’esercito ebraico. Quei massacri tra silenzi e mea culpa

L’Idf ammette le proprie colpe per le bombe sul luogo di culto. Non è la prima volta dal 7 ottobre

Gli "errori" dell’esercito ebraico. Quei massacri tra silenzi e mea culpa

Roma, 19 luglio 2025 – "Un tragico incidente, di cui Israele esprime rammarico": così Benjamin Netanyahu ha riferito in una telefonata a papa Leone XIV l’esito delle indagini preliminari condotte dalle forze armate sulla cannonata che giovedì ha raggiunto la chiesa della Sacra Famiglia a Gaza. "Munizioni vaganti l’hanno colpita accidentalmente", ha precisato il premier che ha poi esteso le condoglianze alle famiglie delle tre vittime.

Giovedì, per l’intera giornata, si era attesa la ricostruzione delle forze armate. Interrogato fin dal mattino da giornalisti locali il portavoce militare aveva replicato stringatamente di "essere a conoscenza" dell’episodio e di essere impegnato in indagini. In serata il portavoce militare Effi Defrin, riferendosi in una diretta televisiva alle morti di tre civili nella chiesa, aveva replicato senza fornire nuovi elementi che "l’Idf (l’esercito israeliano, ndr) fa di tutto per impedire che innocenti siano colpiti. Ogni episodio del genere viene indagato in maniera approfondita".

Gli "errori" dell’esercito ebraico. Quei massacri tra silenzi e mea culpa
La parrocchia della Sacra famiglia a Gaza è stata colpita giovedì: tre le vittime

Solo nella tarda serata di giovedì, 13 ore dopo l’attacco, il portavoce ha reso noto che "sulla base di indagini preliminari è risultato che frammenti di un proiettile sparato durante operazioni in corso in quell’area hanno inavvertitamente colpito la chiesa. Stiamo indagando oltre". Ieri però sulla stampa vaticana queste affermazioni sono state accolte con una dose di scetticismo: "Da un anno e mezzo – è stato polemicamente rilevato in un editoriale – si attendono ancora i risultati dell’inchiesta sull’uccisione di due donne cristiane colpite da un cecchino nella parrocchia di Gaza".

In questi mesi i rapporti fra alcuni media e il portavoce militare si sono fatti più tesi. Ad un giornalista di Haaretz, che il 15 luglio chiedeva informazioni su un bombardamento a Gaza in cui 13 membri della stessa famiglia erano rimasti uccisi sotto le macerie della loro abitazione, il portavoce ha chiesto che precisasse le coordinate precise dell’edificio. "Ho riferito loro il quartiere, Tufach, e la strada, ma ancora non sembrava loro sufficiente", ha esclamato su X il giornalista Nir Hasson, dopo 12 ore di attesa.

Con una attesa ancora maggiore ha dovuto cimentarsi anche un giornalista della radio militare, Doron Kadosh, che dall’inizio del mese sta investigando su un fenomeno che agita sempre di più l’opinione pubblica: quella di militari che si tolgono la vita dopo aver vissuto esperienze traumatiche a Gaza. L’argomento tiene banco nei talk show dei media e sui quotidiani. Ma l’Idf si è trincerato dietro a riserbo, anche per motivi di riservatezza medica.

Ieri, malgrado tutto, Kadosh ha sfidato le gerarchie militari rivelando i dati giunti in suo possesso: "Nella prima metà del 2025 – ha precisato – 15 militari si sono suicidati, più altri tre all’inizio di luglio". Conscio delle difficoltà di condividere con l’opinione pubblica informazioni operative l’Idf cerca egualmente di rendere conto del proprio operato non solo quando registra successi (ieri divulgando le immagini del comandante militare di Hamas che di recente avrebbe "cambiato la propria fisionomia"), ma anche in episodi dolorosi, fra cui le insufficienze del 7 ottobre 2023 di fronte al blitz di Hamas. Riferendosi alla caduta del Kibbutz Beeri, l’esercito ha ammesso di essere rimasto quel giorno a lungo senza informazioni e di non aver saputo affrontare il nemico per molte ore. Un’autocritica anche severa, giunta però con un anno di ritardo quando molti aspetti erano di dominio pubblico.

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