Mercoledì 24 Aprile 2024

L'editoria in crisi, la parola alle Camere

Ma questo governo rappresenta ancora la maggioranza degli italiani? Non sembra. La Lega, forte del raddoppio dei voti, pretende ormai di dettare l’agenda. Il M5S, debole del dimezzamento dei voti, ingoia molti rospi: dal decreto sicurezza bis a (tra poco) flat tax e Tav. Però gli strappi sono all’ordine del giorno. Ieri se ne è consumato un altro, su un finanziamento a Radio Radicale. Finanziamento che è passato con i voti favorevoli di tutte le opposizioni e della Lega; solo il M5S ha votato contro.

E perché ha votato contro? Di Maio lo ha spiegato subito, dicendo che la "la Lega dovrà rendere conto agli italiani" di un finanziamento pubblico a una radio privata. Il suo è un discorso che fa breccia, in effetti, nella maggior parte degli italiani: perché soldi pubblici a una radio privata? E però, certe brecce si aprono solo quando si sta in superficie. Se si va più a fondo, intanto si scopre che Radio Radicale ha ricevuto (e riceverà ancora) contributi pubblici per svolgere un servizio pubblico (di collegamenti parlamentari eccetera); ma poi, soprattutto, si scopre che il tutto va inserito nella crisi mondiale dell’editoria.

I 5 Stelle dicono: se i giornali faticano ad avere i bilanci a posto, fatti loro, vuol dire che la colpa è loro, vuol dire che non sanno conquistare i lettori. Anche qui, sembra vero e ovvio. Ma la verità è più complessa. È che i giornali oggi hanno tanti lettori quanti mai ne hanno avuti nella storia: ma hanno anche molti meno ricavi, perché offrono informazioni che altri rilanciano gratis on line. Per capirci: nel 2018 Google ha guadagnato 4,7 miliardi di dollari rilanciando notizie prodotte dai giornali, ai quali sono andate le briciole. Insomma: gli editori pagano i costi di giornalisti, tipografi, stampa e diffusione, e altri si arricchiscono. Può la politica non intervenire? Può ignorare il rischio di un collasso della libera editoria?

Ma in questo governo solo la Lega ha intenzione di intervenire. I 5 Stelle la pensano diversamente. Legittimo. Ma sono gli unici, in Parlamento, a pensarla così. E allora è il momento che la questione passi dal governo alle Camere, dove sul tema si è formata un’altra maggioranza.