Venerdì 26 Aprile 2024

Istruzione: quali sono stati gli effetti della pandemia sull'apprendimento

Secondo l'Osservatorio sui conti pubblici dell'Università Cattolica, la chiusura delle scuole decisa per contrastare la diffusione del Covid ha avuto conseguenze considerevoli, che non sono state ancora recuperate

Didattica a distanza

Didattica a distanza

Qual è stato l’effetto della pandemia sulla società italiana? Le misure adottate per fronteggiare il covid hanno infatti trasformato quella che è nata come emergenza sanitaria in una crisi economica le cui conseguenze hanno colpito tutta la popolazione, ma in particolar modo i giovani. A fare chiarezza su questo tema così delicato è un articolo dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’università Cattolica. “La chiusura prolungata delle scuole durante la pandemia” scrivono i due autori, Francesco Bortolamai e Nicoletta Scutifero, “ha ridotto gli spazi di socialità con effetti negativi sull’apprendimento e, più in generale, sul desiderio degli studenti di investire in se stessi per un futuro migliore”.

L'Italia dietro a tutti

Il colpo è stato molto più pesante nel nostro Paese, che, già da tempo, arrancava nelle classifiche internazionali. Guardando ai risultati Pisa 2018 (gli ultimi disponibili) gli studenti italiani hanno ottenuto un punteggio inferiore rispetto alla media Ocse sia in lettura sia in scienze. I risultati Pisa sono importanti non solo in termini di competenze acquisite dagli studenti, ma anche a livello sociale, perché una popolazione più istruita è, tendenzialmente, anche più produttiva e più capace di innovare. Non a caso si stima che un punteggio medio più alto di 50 punti nel ranking Pisa sia associato a un aumento dello 0,87% della crescita economica annuale. Questo significa che miglioramenti anche piccoli nelle competenze dei giovani possono avere un impatto notevole sul benessere futuro del Paese, almeno nel lungo periodo. In quest’ottica, la pandemia è stata come un buco nero. Con il Covid, infatti, e la conseguente chiusura delle scuole, si è verificato il fenomeno del learning loss, cioè la perdita dei livelli di competenze negli studenti dovuta all’interruzione dei percorsi di apprendimento per un periodo di tempo prolungato. Mentre in alcuni Paesi, come Australia, Islanda e Stati Uniti, le scuole sono state chiuse soltanto in alcune regioni, nei principali Paesi europei le chiusure sono state totali.

L'impatto del lockdown sull'apprendimento

Tra marzo 2020 e marzo 2022, le scuole italiane sono rimaste completamente chiuse per 13 settimane, un dato superiore alle 7 settimane di stop in Francia e alle 10 in Spagna, ma inferiori alla Germania, dove la chiusura è durata 14 settimane. Per quanto riguarda le chiusure parziali, ovvero quelle limitate a certe aree o fasce di età, il valore più alto si è registrato in Italia, ben 25 settimane, contro le 5 di Spagna e Francia (in Germania 24). Per valutare l’impatto sull’apprendimento degli studenti si può fare riferimento ad alcuni test standardizzati come l’Invalsi. Si tratta di prove scritte obbligatorie, svolte ogni anno dagli studenti delle scuole elementari (seconda e quinta classe), medie (terza) e superiori (seconda e quinta). L’obiettivo è misurare l’apprendimento di alcune competenze fondamentali in italiano, matematica e inglese. Ebbene, gli ultimi dati disponibili, relativi alle prove Invalsi 2022, registrano un calo di apprendimento degli studenti a tutti i livelli rispetto agli anni pre-pandemia e dimostrano che dal Covid la “scuola italiana è uscita a pezzi”. Nello specifico, al secondo anno della scuola elementare, circa il 30 per cento degli studenti non raggiunge il livello minimo di competenze necessarie né in italiano né in matematica. Lo stesso vale per gli studenti di terza media.

Indirizzi e risultati

Non solo. Dai test emerge anche una profonda eterogeneità per indirizzo di scuola. “I risultati negativi” scrivono i ricercatori dell’Ocp, “suggeriscono una notevole perdita di apprendimento post-Covid, che in generale è più marcata per gli studenti che frequentano istituti o licei diversi dallo scientifico”. Ad esempio, rispetto al 2019, nel 2022 il 31,8% in meno degli studenti degli istituti professionali ha raggiunto i traguardi minimi previsti in matematica. Inoltre, la percentuale di coloro che raggiungono il livello minimo di matematica al quinto anno è pari all’80% nei licei scientifici, 49,8% negli istituti tecnici, 17,8% in quelli professionali e 43,2% nel caso di altri licei. A questo si aggiungono le tradizionali divergenze tra territori, soprattutto tra Nord e Sud Italia. Ad esempio, tra il 2019 e il 2022 gli studenti che raggiungono i traguardi minimi in matematica nei licei scientifici nelle regioni del Nord Ovest sono diminuiti del 4,54% contro un calo del 17,08% dei loro colleghi che frequentano un liceo in una regione del Mezzogiorno. In questo quadro preoccupante, la perdita di apprendimento tra gli studenti universitari sembra essere stata meno intensa rispetto a quella delle scuole di grado inferiore. Questo perché chi si iscrive all’università non è obbligato a farlo e quindi potrebbe impegnarsi di più per recuperare i ritardi indotti dalla pandemia. E poi per il retroterra culturale delle famiglie di provenienza: chi frequenta l’università generalmente ha genitori con livelli di istruzione più elevati (oltre a maggiori risorse economiche). Infine, l’età e le modalità di apprendimento fanno sì che per uno studente universitario sia più semplice seguire con profitto anche i corsi a distanza.

Il fronte università

Tuttavia, ciò non significa che il Covid-19 non abbia avuto effetti sul livello di istruzione più avanzato. Mentre non si registrano conseguenze negative per gli studenti che avevano già iniziato un percorso di studio prima dello scoppio della pandemia, lo stesso non può dirsi per il numero di immatricolati all’università, che invece si è ridotto del 2% nell’anno accademico 2021-2022 rispetto all’anno prima, dopo un aumento del 6,13% registrato tra il 2019 e il 2020. I motivi, in questo caso, sono due: la didattica a distanza non ha sostituito in modo efficace quella in presenza, scoraggiando i giovani a proseguire gli studi dopo il conseguimento del diploma; le difficoltà economiche riscontrate nel corso della pandemia possono aver spinto i giovani ad inserirsi precocemente nel mondo del lavoro.

“Gli effetti della sospensione della didattica tradizionale sull’apprendimento sono stati dunque considerevoli, sia in termini globali (potenziale minor crescita futura) sia in termini distributivi (eterogeneità degli effetti a seconda del contesto socio-economico, tipologia di scuola e provenienza degli studenti)” concludono i ricercatori. “È possibile che queste potenziali conseguenze negative si estendano anche nel lungo periodo: le stime suggeriscono infatti che non si sia ancora recuperato lo choc inflitto dalla pandemia”.