TITOLI DI STATO che potenzialmente rendono più del 4-5% su base annua. Dopo quasi 15 anni di tassi d’interesse in discesa, uno scenario del genere sembrava quasi un miraggio fino a pochi mesi fa. E invece, da quando la pandemia del Covid-19 ha allentato la presa e da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, l’incredibile è accaduto. I Buoni del Tesoro che hanno rendimenti legati all’inflazione hanno iniziato a offrire, almeno sulla carta, interessi che fanno tornare alla mente gli anni ’90 del secolo scorso, quando le cedole dei titoli di Stato erano assai generose. Negli ultimi mesi, complice la carenza di materie prime sui mercati internazionali che ha fatto infiammare i prezzi, l’inflazione in Europa ha toccato il 7,8% (dato di marzo), mentre in Italia si è attestata sul 6,2% (dato Istat di aprile). E così, mentre i tassi di interesse ufficiali stabiliti dalla Banca Centrale Europea (nella foto, la presidente Christine Lagarde) sono ancora inchiodati attorno allo zero, i rendimenti di alcuni Buoni del Tesoro hanno ripreso a correre. Non di tutti, a dire il vero, ma soltanto di quelli che garantiscono appunto il pagamento di un interesse indicizzato alla variazione dei prezzi al consumo. Si tratta, nello specifico, dei Btp€i e del popolarissimo Btp Italia che hanno un funzionamento diverso ma hanno un denominatore comune: entrambe sono legati all’andamento del carovita. Più alta è l’inflazione, maggiori sono i rendimenti incassati da chi possiede i titoli. Nello specifico, il Btp€i offre una cedola (cioè un interesse periodico) che rimane fisso in percentuale (la cedola reale) mentre il valore di rimborso del titolo cresce ogni anno in proporzione al tasso di inflazione rilevato nell’area euro. Esempio: se il titolo viene emesso a un valore di 100 e l’anno dopo l’aumento dei prezzi al consumo nell’Eurozona è del 2%, il ...
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