Mercoledì 24 Aprile 2024

Titoli di Stato legati all’inflazione, rendimenti in salita

Titoli di Stato legati all’inflazione, rendimenti in salita

Titoli di Stato legati all’inflazione, rendimenti in salita

TITOLI DI STATO che potenzialmente rendono più del 4-5% su base annua. Dopo quasi 15 anni di tassi d’interesse in discesa, uno scenario del genere sembrava quasi un miraggio fino a pochi mesi fa. E invece, da quando la pandemia del Covid-19 ha allentato la presa e da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, l’incredibile è accaduto. I Buoni del Tesoro che hanno rendimenti legati all’inflazione hanno iniziato a offrire, almeno sulla carta, interessi che fanno tornare alla mente gli anni ’90 del secolo scorso, quando le cedole dei titoli di Stato erano assai generose. Negli ultimi mesi, complice la carenza di materie prime sui mercati internazionali che ha fatto infiammare i prezzi, l’inflazione in Europa ha toccato il 7,8% (dato di marzo), mentre in Italia si è attestata sul 6,2% (dato Istat di aprile). E così, mentre i tassi di interesse ufficiali stabiliti dalla Banca Centrale Europea (nella foto, la presidente Christine Lagarde) sono ancora inchiodati attorno allo zero, i rendimenti di alcuni Buoni del Tesoro hanno ripreso a correre. Non di tutti, a dire il vero, ma soltanto di quelli che garantiscono appunto il pagamento di un interesse indicizzato alla variazione dei prezzi al consumo. Si tratta, nello specifico, dei Btp€i e del popolarissimo Btp Italia che hanno un funzionamento diverso ma hanno un denominatore comune: entrambe sono legati all’andamento del carovita. Più alta è l’inflazione, maggiori sono i rendimenti incassati da chi possiede i titoli.

Nello specifico, il Btp€i offre una cedola (cioè un interesse periodico) che rimane fisso in percentuale (la cedola reale) mentre il valore di rimborso del titolo cresce ogni anno in proporzione al tasso di inflazione rilevato nell’area euro. Esempio: se il titolo viene emesso a un valore di 100 e l’anno dopo l’aumento dei prezzi al consumo nell’Eurozona è del 2%, il valore del capitale sale a 102. Nel caso del Btp Italia, invece, il valore di rimborso del titolo non cambia nel tempo e rimane prestabilito fino alla scadenza. A variare è invece l’importo della cedola, che si rivaluta ogni anno a seconda della dinamica dei prezzi al consumo. Il prossimo collocamento del Btp Italia è previsto per il 20 giugno mentre gli ultimi Btp€i con scadenza a 10 anni sono andati in asta il 26 maggio scorso, facendo il pieno di richieste. Il Tesoro italiano ha infatti offerto sul mercato titoli per un valore complessivo fino a 1,25 miliardi di euro e ha ricevuto domande per molto di più, cioè per 1,75 miliardi. Il rendimento reale offerto dal titolo era dello 0,86% lordo (0,75% netto), a cui si aggiunge la rivalutazione del capitale legata all’inflazione.

Chi li ha acquistati nelle aste riuscirà dunque a proteggersi dall’aumento dei prezzi mentre chi non li ha ancora acquistati potrà sempre comprarli sul mercato secondario anche al di fuori delle aste. Non vanno però trascurati alcuni aspetti importanti. Innanzitutto, va ricordato che le quotazioni dei titoli possono fluttuare verso il basso e verso l’alto, a seconda delle aspettative che gli investitori hanno riguardo all’andamento dell’inflazione nei prossimi mesi. C’è dunque il rischio che i prezzi di oggi scontino in anticipo aspettative un po’ troppo pessimistiche e che i Btp€i siano dunque acquistati a prezzi non troppo convenienti, nel caso in cui l’aumento costo della vita dovesse rivelarsi in futuro meno elevato del previsto. Per adesso la Banca Centrale Europea ritiene che la fiammata dell’inflazione sia temporanea e che già dal 2023 il caroprezzi si riavvicini al 2%, fissato come obiettivo dalla stessa Bce. Nessuno, neppure la banca centrale, ha però la sfera di cristallo per prevedere con esattezza il futuro.