Joe Biden gela Xi Jinping, definendolo nuovamente un "dittatore".
Lo fa nella sua conferenza stampa dopo il vertice tra i due leader preparato per avviare il disgelo tra le superpotenze, conclusosi con "grandi progressi" come il ripristino della hotline tra i presidenti e tra i militari e l’impegno sul clima e contro il traffico di fentanyl.
Un attacco – o una gaffe secondo altri – alla vigilia di un altro summit importante, quello dell’Apec, dove la rivalità tra Usa e Cina è riemersa nello scenario Indo-Pacifico. "Si riferirebbe ancora al presidente Xi come a un dittatore?", ha chiesto una reporter, memore di quando Biden lo aveva bollato così in una raccolta fondi elettorale a giugno. "Guardi, lo è", ha replicato il leader Usa senza esitazioni. Poi ha cercato subito di smorzare: "È un dittatore nel senso che è una persona che governa un Paese comunista basato su una forma di governo totalmente diversa dalla nostra". Ma ormai la frittata era fatta, dopo la stretta di mano e i sorrrisi. Lo conferma l’adirata reazione di Pechino che ha censurato il commento di Biden sui media stranieri: "Questo tipo di discorso è estremamente sbagliato e costituisce una manipolazione politica irresponsabile",
ha tuonato il portavoce del ministero degli Esteri cinese Mao Ning.