Mercoledì 24 Aprile 2024

Uno chef da record alla Casa Bianca Ha preso per la gola cinque presidenti

Lo svizzero Henry Haller morto a 97 anni. Da Johnson a Reagan, organizzò la cucina come un commando militare. La specialità? Le aragoste

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di Giampaolo Pioli

Si toglieva il cappello da cuoco solo perché non entrava in macchina. Più che della sua uniforme era diventato parte della biancheria intima. Henry Haller il più longevo chef della Casa Bianca, che ha servito ininterrottamente sotto cinque presidenti (Johnson, Nixon, Ford, Carter, Reagan) è morto il 7 novembre all’eta di 97 anni, ma solo nei giorni scorsi la famiglia ne ha dato notizia. Il suo libro The White House Family Cookbook rimane ancora oggi un best seller nonostante sia uscito nel 1987, proprio quando Haller lasciò le cucine dei presidenti per diventare un grande conferenziere.

Nato in Svizzera sulle rive del lago di Lucerna, fu assunto da Lyndon Johnson nel 1965 dopo un’intervista di tre ore in cui affascinò il presidente dicendosi pronto a cucinare anche il barbecue per un pranzo di stato se fosse stato richiesto dalla Casa Bianca. Si limitò solo a suggerire: "Forse non è il piatto appropriato da servire a delle signore con i guanti bianchi. Ma le costolette sono davvero deliziose…".

Specializzato nel decoro di aragoste e frutti di mare, nelle torte a tema che piacevano tanto a Nancy Reagan (anche se non le mangiava), il brillante chef era arrivato a Washington consapevole che nelle cucine presidenziali avevano sempre lavorato solo schiavi mal pagati o soldati che non amavano il fronte. Ma sfruttando solo la sua grande precisione e non l’autorità, Haller riuscì negli anni a dare alla cucina presidenziale la disciplina di un commando delle forze speciali. E se Jacqueline Kennedy col suo cuoco francese René Verdon ha fatto da apripista con l’alta scuola culinaria al punto da diventare indigesta a Johnson che da buon texano preferiva le bistecche, l’arrivo di Haller con la sua temperata neutralità elvetica consentì alle cucine della Casa Bianca di diventare un centro di eccellenza apprezzato da tutti i leader del mondo.

Anche se fu celebrato e omaggiato per la grande festa di nozze della figlia maggiore di Johnson che scelse la Casa Bianca per il banchetto texano, il determinato chef dei cantoni viene ricordato per avere organizzato un memorabile pranzo di gala nel 1978 con più di 1.300 ospiti e solo tre giorni di preavviso. Il presidente Carter lo chiese come favore personale per celebrare gli accordi di Camp David.

Nixon, sempre alle prese con l’aumento di peso, diventava intrattabile all’ora di sedersi a tavola, ma si lamentava sempre a cena finita e dopo molti Martini.

Con Haller che forse si sarebbe trovato benissimo anche col presidente Trump per la sua propensione alle bistecche, se ne va un altro pezzo di storia e di diplomazia gastronomica della Washington del potere che stenta a diventare vegetariana.

Alla fine della Seconda guerra mondiale, convinto che quella dello chef fosse una professione che gli avrebbe permesso di girare il mondo, ’Henry the Swiss’ si fece le ossa a Phoenix dove ebbe modo di dimostrare le sue qualità sviluppate nella difficile e prestigiosa accademia culinaria dell’Hotel ’the Balance’ a Lucerna dove il cibo e i piatti non arrivavano a tavola se non raggiungevano le 5 stelle di giudizio. Nancy Reagan viene descritta da lui come una delle first lady più esigenti ma anche riconoscenti, anche se lei dava poca soddisfazione a tavola. Haller – mai sussiegoso ma sempre paziente – incassava in silenzio e raccolse molte confessioni di tutte le first lady per le quali ha lavorato. Il suo libro però vale soprattutto per le ricette ma non per i gossip. Quelli da svizzero riservato e discreto se li è portati nella tomba.