Mercoledì 24 Aprile 2024

"Una truffa il boom dei carburanti" Il j’accuse di Cingolani: prezzi folli

I Verdi attaccano: "Se sa qualcosa denunci". Poi il ministro fa retromarcia: "Mi riferivo a greggio e gas"

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di Antonella Coppari

Una colossale truffa. Non è la prima volta che il ministro Roberto Cingolani si lascia trasportare dall’entusiasmo sino a pronunciare parole imbarazzanti. Stavolta l’incidente poteva essere increscioso: i grandi imbroglioni infatti sembravano essere le aziende petrolifere tout court, comprese quelle di cui il nostro Stato è azionista come Eni o Enel. Anche se, a fattaccio avvenuto, il titolare del dicastero della Transizione ecologica prova a correggere il tiro, l’intervista che rilascia a Sky non sembra equivocabile: "Non esiste una motivazione tecnica per cui questi carburanti siano così costosi. ll mercato ha alzato i prezzi in maniera irragionevole: da un lato le accise servono a far funzionare lo stato, dall’altro il nervosismo che arriva a quintuplicare il prezzo fa arricchire pochi. Siamo in presenza di una colossale truffa ed è fatta a spese delle imprese e dei cittadini".

Fuor di metafora significa che la crisi Ucraina, e ancora prima quella energetica innescata dalla ripresa dopo il Covid, sono state un alibi perfetto per molti per moltiplicare utili e profitti. Opinione tanto diffusa da spingere gli autotrasportatori a proclamare uno sciopero dei tir domani, fermato dalla Commissione di garanzia per "mancato preavviso". Ma, nota il leader verde Bonelli, "Cingolani è un ministro e siccome la truffa è un reato ha il dovere di segnalare all’autorità giudiziaria le violazioni del codice penale di cui è a conoscenza". Passano un paio d’ore e l’ufficio stampa di Cingolani precisa: "Il ministro parlando di speculazione di mercato si riferiva al prezzo del greggio e del gas, in aumento esponenziale nonostante non ci siano problemi di carenza dell’offerta". I colpevoli sono i paesi produttori che alzano i prezzi. Più che di truffa, qui si tratta della classica legge di mercato. La compostezza della replica dell’Unem (rappresenta le aziende che operano in Italia nell’ambito della raffinazione e della distribuzione) che dice: "Stiamo facendo tutto il possibile per contenere i prezzi al consumo che qui sono infatti aumentati in misura ridotta rispetto alle quotazioni internazionali", e la goffa retromarcia di Cingolani sembrano chiudere l’incidente.

Raccontano che il ministro si sia spinto tanto avanti in vista delle misure che verranno prese dal governo. Non tanto con il decreto della prossima settimana, che si dovrebbe limitare ad elencare i risparmi energetici e forse a intervenire sulla giungla delle autorizzazioni necessarie per le rinnovabili. Interventi ora poco dolorosi: la primavera è vicina, la decisione di abbassare l’illuminazione pubblica e il riscaldamento di edifici pubblici e privati di un paio di gradi non sarà quasi avvertita. Per l’inverno, si vedrà.

Ma il grosso delle misure per contrastare la crisi energetica arriverà tra un paio di settimane. Gli intrecci tra Italia e Europa sono così stretti che non avrebbe senso muoversi prima delle decisioni del consiglio europeo del 24 marzo. Dunque l’offensiva di Cingolani prenderebbe le mosse dalla previsione di questa seconda tranche che penalizzerebbe le aziende petrolifere: si tratta di calmierare il prezzo del gas a metro cubo, dell’elettricità a kilowattora, di tassare i profitti extra, e soprattutto, di sganciare il prezzo di energia prodotta dalle rinnovabili da quello dell’energia derivante del gas. I costi dell’energia derivanti dalle due fonti sono diversi, ma il consumatore li paga allo stesso modo.