Sabato 27 Aprile 2024

Tenda Rossa, la seconda vita: salvò gli esploratori di Umberto Nobile al Polo Nord

Nel 1928 la spedizione scientifica col dirigibile Italia. Nell’incidente morirono sei persone. I superstiti rimasero dentro il riparo 48 giorni. Ora il cimelio torna al Museo della Scienza di Milano

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di Luca Tavecchio

A vederla adesso, dentro un container rosso e illuminata con le luci a led, sembra un pezzo di scenografia di un film di Stanley Kubrick, o l’installazione di un artista concettuale. E invece, la Tenda Rossa, tornata al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano dopo un lungo restauro, fu il riparo che permise a Umberto Nobile e altri otto membri del Dirigibile Italia, più la cagnolina Titina, di sopravvivere tra i ghiacci del Polo Nord per 48 giorni, dopo lo schianto sulla banchisa il 24 maggio del 1928. L’Italia fu il secondo dirigibile realizzato in Italia. Venne varato il 19 marzo del 1928 e il 23 maggio partì dall’allora aviosuperficie di Baggio, a Milano, per la conquista del Polo Nord. Della spedizione, il cui scopo era piantare sul ghiaccio polare una bandiera italiana e la croce donata da Pio XI, facevano parte 16 uomini guidati dal mito dell’aria Umberto Nobile.

Dopo aver raggiunto il Polo (la bandiera e la croce vennero solo lanciate sul pack), durante il rientro il dirigibile fu investito da una tempesta e precipitò al suolo. Nell’impatto, 10 membri vennero sbalzati sul ghiaccio, mentre altri 6 rimasero intrappolati nell’involucro dell’aeronave che, sospinto dal vento impetuoso, riprese quota si perse all’orizzonte e non venne mai più ritrovato. Dei 10 rimasti a terra, uno morì quasi subito per un’emorragia, mentre gli altri 9 – di cui 3 feriti (tra i quali lo stesso Nobile) – trovarono rifugio nella Tenda Rossa, una delle dotazioni di emergenza del dirigibile. La Tenda Rossa, progettata per accogliere 4 persone, venne realizzata dalla Ercole Moretti di Milano, azienda nata nel 1907 per fornire all’esercito grandi tende ospedaliere e poi diventata marchio d’eccellenza anche per attrezzature da campeggio e impermeabili. Era di tipo a bastone centrale, di forma quadrata con lato da 2,75 metri e altezza massima di 2,5 metri. L’accesso era assicurato da un ingresso circolare di un metro di diametro chiuso da una manica a vento.

Si chiama Tenda Rossa, ma rossa in origine non era: le pareti esterne infatti erano in seta grezza, non colorata, mentre le pareti interne erano di seta azzurra. Il colore interno venne scelto come palliativo contro la cecità da neve (il cui nome medico è oftalmia delle nevi, malattia degli occhi provocata dal riflesso dei raggi ultravioletti sulla neve).

Per rendere più visibile la tenda dall’alto i superstiti decisero di colorare il rivestimento esterno utilizzando le fiale di anilina rossa, o fucsina (di un colore rosso intenso), sopravvissute alla caduta. Le fiale di anilina venivano utilizzate per misurare l’altezza dal suolo durante il volo, non essendo gli altimetri di allora affidabili: fiale venivano fatte cadere dalla cabina e un cronometro misurava il tempo che impiegavano a raggiungere il suolo, rompendosi e colorando il ghiaccio di rosso (dal tempo impiegato si risaliva poi all’altitudine). Per questo motivo passò alla storia come la Tenda Rossa, anche se in realtà il colore originario era beige e il rosso della fucsina durò molto poco a causa dell’intensa e continua luce polare.

Dopo il salvataggio dei superstiti, avvenuto con molte polemiche (Nobile e Titina furono portati in salvo, da soli, per primi) e un ulteriore morto il 12 luglio 1928, la Tenda Rossa venne donata al Comune di Milano, finanziatore della spedizione polare, che la destinò al Museo del Castello Sforzesco per poi passare al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia, dove rimase esposta fino alla metà degli anni 90 per poi essere ritirata in seguito al suo deterioramento. Il cimelio è stato oggetto di un lungo restauro, avviato nel 2008 grazie al co-finanziamento di Regione Lombardia e affidato alla restauratrice di tessuti Cinzia Oliva, in accordo con la soprintendenza di Milano.

L’analisi delle cuciture e dei materiali ha rivelato in due spicchi della Tenda la presenza di molti interventi di restauro eseguiti nel tempo a partire dagli anni 50, di cui non è però stata rinvenuta documentazione. La particolare delicatezza dei materiali, giunti a un momento critico, ha richiesto una sperimentazione sui metodi di consolidamento svolta in collaborazione con il laboratorio di diagnostica dei Musei Vaticani di Roma.