
Palermo, 20 luglio 2023 – “Salgo in macchina, se mi aspetta. Poi parliamo. Le gambe purtroppo non mi reggono più". Ma mente Salvatore Borsellino, fratello minore di Paolo, perché in realtà gli 81 anni compiuti a inizio primavera, oltre a renderlo sempre più simile nel volto al magistrato antimafia, non potrebbero trovarlo più forte. Ora di pranzo. A Palermo ci sono più di 40 gradi all’ombra. Da ’Casa di Paolo’, il centro educativo nato nei locali che furono la farmacia della famiglia Borsellino, nel quartiere popolare Kalsa, l’auto punta l’albero di Falcone, in via Notarbartolo. Da lì, il corteo delle Agende Rosse partirà in direzione via D’Amelio. Il percorso è rodato: arriveranno pochi minuti prima delle 16.59, il momento esatto in cui, 31 anni fa, saltavano in aria Paolo Borsellino e 5 uomini della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi , Vincenzo Li Muli, Walter Cosina, Claudio Traina . E finiva a brandelli una stagione irripetibile della lotta alla mafia.

Salvatore Borsellino, che spirito ha, oggi, 31 anni dopo?
"Lo spirito è lo stesso di sempre, solo più arrabbiato. Perché dopo tutto questo tempo non c’è ancora verità, né giustizia. L’anima, invece, è sempre più malconcia".
Come mai?
"La ferita di via D’Amelio è ancora aperta, e non potrà richiudersi se quella verità e quella giustizia non arriveranno".
Sente di aver ottenuto qualcosa, in questi anni?
"Ho la sensazione, al contrario, che tutti gli sforzi maggiori siano stati dilapidati. E vedo giustizia e verità allontanarsi sempre di più. Spinti ogni anno più in là da depistaggi e inchieste finite in nulla. Ribadisco la mia lettera aperta di molto tempo fa: questa non è solo una strage di mafia. Dentro ci sono pezzi dello Stato".
Quest’anno a Palermo è arrivata la premier Meloni.
"Eppure non è venuta in via D’Amelio per paura di contestazioni (ricostruzione smentita da Meloni, ndr). Ma via D’Amelio è un luogo sacro, lì non c’è spazio per contestazioni o violenze".
Se fosse venuta, cosa le avrebbe detto?
"Le avrei chiesto come concilia il suo impegno antimafia e il fatto di fondare il suo impegno politico sull’operato e sul sacrificio di mio fratello Paolo con le recenti dichiarazioni del ministro Nordio, che sceglie proprio questi giorni per lanciare la sua idea di cambiare il Concorso esterno in associazione mafiosa, un pezzo fondamentale della legislazione antimafia lasciataci in dono da Giovanni Falcone e da Paolo Borsellino".
Quand’è che vide suo fratello, l’ultima volta?
"Era il Capodanno di quel maledetto 1992. Eravamo riusciti miracolosamente a passare le vacanze tutti insieme, dopo anni. Ma Paolo dovette andar via per una serie di attentati a Palma di Montechiaro, nell’Agrigentino. Ci salutammo, e non lo rividi più".
E l’ultima telefonata?
"Fu il venerdì prima del suo assassinio. Eravamo preoccupatissimi. Io l’ho chiamato per implorarlo ancora una volta di lasciare Palermo, di farsi trasferire altrove".
Lui come le rispose?
"Inalberandosi. Era teso. Mi disse di smetterla una volta per tutte con quell’idea. Lui non sarebbe mai fuggito, specificò, perché il suo giuramento con lo Stato era sacro".
L’agenda rossa esiste?
"Certo. La immagino nei sotterranei di qualche palazzo romano".
Ma lei l’ha mai vista o letta?
"Sempre. Paolo la portava con sé dappertutto. Non l’ho letta, no. Mio fratello ovviamente non condivideva i suoi documenti di lavoro. Eppure se è stata fatta sparire con tanta cura, un minuto dopo l’attentato, evidentemente il suo contenuto è interessante. Evidentemente quell’agenda è la scatola nera delle stragi di mafia. Via d’Amelio compresa".
Cosa è cambiato da quel 19 luglio 1992 ad oggi?
"Vorrei dire: molto. Ma non è così. Molti degli sforzi fatti da mio fratello, da Falcone e da tutti gli altri, anzi, sono stati vanificati".
Messina Denaro, però, alla fine è stato preso.
"Una cattura dopo 30 anni di latitanza lei lo considera un successo? E soprattutto: che sviluppi ha portato? Dove sono i segreti di cui il boss è depositario?".
Lei non salva nulla, dunqu e?
"Io salvo ciò che il lavoro e il sacrificio di mio fratello hanno fatto germogliare nelle nuove generazioni. Questi ragazzi e queste ragazze che partecipano agli eventi del 19 luglio, che sventolano le agende rosse, che non si daranno mai per vinti. Paolo credeva molto in loro, infatti è ai giovani che ha parlato l’ultima volta. “Da adulti – disse – voi avrete di sicuro più voglia di combattere la mafia di quanta non ne abbiamo avuta io e la mia generazione“. Aveva ragione. E quel legame lui e quei ragazzi, 31 anni dopo, non si è attenuato ma cresce ancora. Per questo io credo in loro".