Mercoledì 24 Aprile 2024

Reddito di cittadinanza, soldi senza creare lavoro. Il fallimento della bandiera M5s

Anche la Caritas lo boccia: escluso un terzo degli indigenti e un beneficiario su tre non è povero. Disastro sul fronte dell’occupazione: solo il 15,1% ha trovato un posto. Flop di navigator e centri dell’impiego

Reddito di cittadinanza in Italia

Reddito di cittadinanza in Italia

Il doppio flop del Reddito di cittadinanza, come strumento di politica attiva e come sussidio contro la povertà, è stato più che documentato da numeri e dati che non lasciano scampo. Solo uno su dieci dei percettori del beneficio ha trovato lavoro attraverso navigator e centri per l’impiego pubblici. Al punto che l’Ufficio studi della Cgia di Mestre ha calcolato che un posto di lavoro "creato" con questo meccanismo è costato allo Stato almeno 52mila euro.

Ma non è andata molto meglio come operazione per venire incontro agli "ultimi", tanto che un recente j’accuse della Caritas pesa come un macigno sulla bandiera del grillismo: il 56% dei poveri in Italia – spiegano i ricercatori dell’organizzazione solidaristica cattolica – non fruisce del sussidio e un terzo dei beneficiari non è povero. Si spiega, dunque, come le difese a oltranza della misura dei 5 Stelle, ma anche del Pd e di Leu, si siano dovute piegare, anche se solo in parte, alla dura opposizione arrivata da Lega, Forza Italia e Italia Viva. E solo la mediazione di Mario Draghi (favorevole allo spirito dell’intervento, ma non alle modalità adottate) ha evitato la rottura sul delicato capitolo della legge di Bilancio attraverso la predisposizione di un pacchetto di correzioni.

La stretta al reddito, come ha ricordato il Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, prevede il rafforzamento del sistema dei controlli, avvenga "sia attraverso il potenziamento dei controlli ex ante dei requisiti di residenza e patrimoniali, sia attraverso una migliore interoperabilità tra le banche dati esistenti". A cominciare dal casellario giudiziario, visto il contestuale aumento dei reati che impediscono l’attribuzione del sussidio. In secondo luogo, si stabilisce "un decalage del beneficio mensile per i soggetti occupabili, dopo il primo rifiuto", pari a 5 euro per ogni mese di non lavoro, e "la revoca dopo il secondo rifiuto di un’offerta congrua di lavoro". Il punto è che da Matteo Salvini a Matteo Renzi i cambiamenti annunciati non vengono considerati sufficienti: da qui l’arrivo di emendamenti per stringere ulteriormente le maglie. D’altra parte, il rapporto della Caritas sulle politiche contro la povertà è impietoso rispetto all’esperienza realizzata: basti pensare che a causa di una scala di equivalenza "piatta" sono sfavorite le famiglie numerose e con figli minori e il tasso di inclusione del reddito è decrescente all’aumentare del numero di componenti all’interno del nucleo.

Il fallimento è anche più significativo se si passa al versante delle politiche attive: solo uno su dieci dei percettori del sussidio ha trovato lavoro attraverso questo canale. Le cifre non ammettono riserve: come rileva la Corte dei Conti, a fronte di 1,6 milioni di soggetti convocati, poco più di 1,05 milioni sono tenuti alla sottoscrizione del Patto per il lavoro. Ma nessuna indagine ha dimostrato che l’opportunità di lavoro sia stata offerta dai centri per l’impiego e dai navigator e, anzi, tutto lascia pensare che quei pochi che hanno trovato un’occupazione l’abbiano trovata attraverso altre vie.

Una sola cosa è accertata. I presi in carico sono 327.555, dunque meno di un terzo della platea; al 10 febbraio 2021, ultimo dato ufficiale disponibile, in 152.673 hanno instaurato un rapporto di lavoro dopo la presentazione della domanda, il 15,19% degli occupabili. Una sola cosa è, invece, accertata: i nuclei percettori di Reddito sono cresciuti significativamente nei due anni e a settembre sono 1,52 milioni, mentre i percettori di pensione di cittadinanza (PdC) sono più di 160mila, per un totale di oltre 1,68 milioni di nuclei e quasi 3,8 milioni di persone coinvolte, per un importo medio di 547 euro.