"Sono colpevole", ammette il primo soldato russo processato per un crimine di guerra in Ucraina. Vadim Shishimarin ha 21 anni, ed appare smarrito, attonito, circondato da giornalisti nella piccola aula del tribunale. Il suo avvocato insiste: hai capito le accuse?, e lui risponde ancora di sì. E sa di rischiare l’ergastolo. Il legale lo invita a collaborare per ottenere una pena più mite. Ma si può dubitare che abbia compreso perché si trovi sotto processo, e perché lo abbiano mandato a combattere in un posto sconosciuto, a migliaia di chilometri dal suo paese. Il 28 febbraio, quattro giorni dall’inizio dell’offensiva, nel villaggio di Chupakivkha, nel nord dell’Ucraina, da un’auto rubata il militare russo ha sparato con un kalashnikov contro un civile, un ciclista di 62 anni, disarmato, senza alcun motivo. Un’esecuzione a freddo, per l’accusa. Vadim si difende: l’uomo stava telefonando al cellulare, mi hanno ordinato di abbatterlo, perché avrebbe denunciato la nostra posizione al nemico. La vittima è stata uccisa a poche decine di metri da casa. Gli ucraini hanno denunciato oltre diecimila crimini di guerra, compiuti in questi tre mesi, uccisioni senza motivo, stupri. Il Cremlino nega, le accuse sono inventate, ma il portavoce Dmitri Peskov ammette che nel caso di Vadim, non sa che dire, non è informato, mancano prove certe. Laser Zadira, l'ultima arma russa. Zelensky lo irride (ma ha paura) Usa riaprono ambasciata a Kiev. Russia espelle 24 diplomatici italiani L’imputato è nato vicino a Irkutsk, circa 600mila abitanti, in Siberia, a sud del lago Bajkal, a 5200 chilometri da Mosca. È cresciuto in un altro mondo. Ma è colpevole, come ammette. Si ripete lo scenario di sempre. Chi uccide non è responsabile, perché ha eseguito la volontà di un superiore. Così si difese anche Adolf Eichmann, non aveva mai ucciso con le sue ...
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