di Laura Valdesi
SIENA
"Ho mantenuto la calma e la concentrazione vincendo tutti gli assalti dalla poule alla finale. Non ho pensato a vincere l’oro ma solo a fare la mia scherma", aveva detto la sciabolatrice 17enne di origini messicane ma di nazionalità uzbeka dopo il trionfo in Georgia nella prova di Coppa del mondo under 20. Era il febbraio 2023. Con la stessa concentrazione, ieri nell’udienza a porte chiuse in tribunale a Siena, ha risposto per oltre 4 ore alle domande del pm Serena Menicucci. Poi a quelle dei difensori dei due campioni della scherma italiana – Emanuele Nardella, 21 anni di Foggia, in forza al Centro sportivo dell’esercito e Lapo Pucci, 19 anni di Milano – accusati del presunto stupro di gruppo della ragazza, aggravato dalla minore età, nella notte fra il 4 e il 5 agosto scorso durante un camp nazionale a Chianciano Terme.
Un cedimento per la campionessa però c’è stato alla prima pausa, due ore e mezzo dall’inizio dell’incidente probatorio. Le lacrime, il fazzoletto. Il gip Elena Pollini davanti a cui si svolgeva l’udienza che, rientrando, le ha portato un bicchierino come quelli del caffè. Così lucida in pedana, la sciabolatrice, altrettanto lo è stata ieri in tribunale. Nonostante quel volto di bambina, dimostra meno dei 18 anni compiuti a febbraio proprio il giorno in cui il pm Menicucci aveva depositato la richiesta dell’incidente probatorio. La sua testimonianza – iniziata alle 10 e terminata alle 17.45, quasi 8 ore filate – è stata dunque cristallizzata. Non erano in aula i due indagati ad ascoltarla, pertanto niente paravento usato per le vittime di violenza sessuale. Non è stata ammessa la presenza dell’avvocato della Fis. Ha lasciato l’aula prima che il pm e il giudice chiedessero alla ragazza di quella notte, incalzandola e cercando di fare chiarezza. Mostrando anche alcune foto e video presi dal cellulare della campionessa e di uno degli indagati, soffermandosi su quello che fuori dall’aula sembrava un selfie con le amiche in una toilette. La madre della sciabolatrice, accompagnata da un amico della figlia che la giovane ha abbracciato prima di entrare in udienza e da un avvocato messicano esperto in diritto sportivo, non ha tolto gli occhi dalla sua ’stella’. "Spero che sia fatta giustizia, in questo periodo sta molto male", dice in spagnolo. E poi aggiunge rivolta ai giornalisti "vi ringrazio di essere qui" quando sono trascorse ormai sei ore.
"La mia assistita ha rilasciato dichiarazioni che ritengo abbiano confermato quanto successo. Ha un vuoto di memoria nell’arco temporale che va dall’uscita dal bar alla mattina in cui si è ritrovata nella stanza di albergo con i tre ragazzi. Sicuramente ci saranno sviluppi che non anticipo, farò istanze alla procura sulla base di quanto emerso", annuncia l’avvocato Luciano Guidarelli. C’era un terzo atleta nella stanza, non indagato. Il legale pone poi l’accento sul fatto che, stando alle sommarie informazioni, "se si prende atto che all’interno del camp circolava droga e alcol probabilmente, dal mio punto di vista, la Federazione qualche provvedimento avrebbe potuto legittimamente prenderlo". La campionessa, che a tratti è stata aiutata da un interprete di lingua spagnola, uscendo dall’aula ha abbracciato la madre piangendo. "Siamo ancora più convinti della totale innocenza dei nostri assistiti", si è limitato a ribadire l’avvocato Enrico De Martino che difende gli indagati con i colleghi Gian Paolo Del Sasso e Matteo Antonio Starace.