Venerdì 26 Aprile 2024

Salvini e Conte, muro contro Draghi Ma Letta tiene duro sul premier

I partiti attendono le decisioni di Berlusconi, trattativa nel vivo. Il Pd: "Non voteremo un nome di centrodestra"

Migration

di Antonella Coppari

ROMA

Chi, se non Draghi? Gira e rigira, sempre lì si torna. Ci provano Conte e Salvini a cercare un’alternativa, ma senza successo almeno per ora. Una mossa forse dettata dal desiderio di ritagliarsi un po’ di visibilità, magari per pesare di più nelle trattative per il governo che verrà. Fondamentale per sigillare la corsa al Colle, soprattutto se ai blocchi di partenza c’è il premier. Gli ex alleati giallo-verdi tornano a vedersi dopo il grande freddo: "L’ho sondato sulla possibilità di un profilo che possa rappresentare tutti", dice il leader M5s. Durante l’incontro cordiale, cadono i nomi di Elisabetta Casellati e Letizia Moratti, che probabilmente sarebbero stati bocciati anche da Berlusconi, deciso a evitare l’onta che la presidenza della Repubblica a lui negata finisca nelle mani di un suo ex ufficiale. Maggiori chances sembrano avere altri due nomi: l’ex guardasigilli del governo Monti, Paola Severino, e l’ex ministro degli esteri di Berlusconi, Franco Frattini.

I cinquestelle preferirebbero la prima, ma pur di fermare l’attuale premier evitando lo spettro del voto anticipato, sarebbero disposti a ingoiare Frattini, peraltro gradito – ancorché meno di Draghi – a Washington. Questo nome sarebbe la carta che Salvini si è tenuto nella manica sin dall’inizio, considerandolo il più potabile. Lo stop arriva a stretto giro dal Pd: quando l’informano dell’incontro tra i due ex soci del governo giallo-verde, Enrico Letta (che dovrebbe vedere presto Salvini) non nasconde l’irritazione, pur fingendo il contrario: "Tutto quello che va in direzione del dialogo nella maggioranza per una candidatura condivisa è per noi positivo", minimizza Borghi.

Il leader dem si rende perfettamente conto di quale sia il senso dell’operazione: costruire un asse trasversale per fare muro contro Draghi. L’opposto di ciò che ha in mente. Consapevole del fatto che se entro 4 giorni non si troverà un altro nome la convergenza sul premier sarà inevitabile, sogna il colpo grosso: "Oggi il governo Draghi è sostenuto da una maggioranza larga: sarebbe assurdo se il presidente fosse eletto con 505 voti". Ovvero: il premier deve passare alla prima votazione. Un miraggio fino a 48 ore, oggi lo è molto di meno. Prima di tutto però bisogna sgombrare il campo da quelle candidature alternative. Letta non perde tempo: "Serve un nome condiviso, non di parte", dichiara. Poi fa uscire il Pd allo scoperto: "Non voteremo un candidato di centrodestra". De profundis per Frattini. Resta la Severino sulla quale secondo il Nazareno pesano possibili conflitti di interesse. Anche qui non c’è nessuna disponibilità. Per chiudere l’operazione Draghi è però necessario mettere a punto in anticipo il tassello del nuovo governo: il Pd è convinto, probabilmente a ragione, che senza lo spettro delle elezioni anticipate molti grillini ostili a Draghi cambieranno idea. Anche perché spinge in quella direzione con il suo notevole potere di pressione Luigi Di Maio e lo stesso Roberto Fico sembra si stia convincendo.

Resta un’incognita: come Berlusconi sceglierà di ritirarsi dalla sfida. Il vertice del centrodestra non è ancora convocato, Salvini assicura che ci penserà lui entro domenica, tanto per chiarire che il leader della coalizione è lui. Ieri ha parlato con i partiti minori sempre alla ricerca del fantomatico nome alternativo. Ma la presenza del Cavaliere al vertice è in forse, la possibilità che anticipi i tempi con una sua dichiarazione molto alta, e a Arcore sono in tanti, a partire da Gianni Letta passando per Confalonieri e i vertici aziendali, quelli che gli consigliano di bruciare sul tempo alleati e avversari candidando lui per primo ufficialmente Mario Draghi, intestandosi così più di ogni altro il merito dell’operazione.