Giovedì 25 Aprile 2024

Roma, "odio e razzismo in metro". Giornalista impedisce linciaggio, insultata

Giorgia Rombolà di Rainews ha raccontato su Facebook un espisodio di violenza e razzismo

Metro A, fermata San Giovanni esterno (Ansa)

Metro A, fermata San Giovanni esterno (Ansa)

Roma, 6 dicembre 2018  - Cerca di evitare il linciaggio di una ladra, e mamma con piccola figlia al seguito, e viene insultata tutto il tempo. Un inquietante esipsodio nella metropolitana di Roma che potrebbe essere il segno di un razzismo e di una violenza crescente, che perde di vista l'umanità per sfogare solo una rabbia repressa e giustizialista.  

Protagonista, e fonte, della disavventura una giornalista di Rainews, Giorgia Rombolà, che ha raccontato quanto è successo con un lungo post su Facebook. Lei era nella Metro A di Roma, fermata San Giovanni, quando ha assistito a un tentativo di borseggio, e alla reazione violenta della vittima, che stava massacrando di botte la giovane ladra, una ragazza rom con la figlia piccola. La Rombolà voleva impedire il linciaggio di quella giovane, picchiata selvaggiamente sotto gli occhi della piccola figlia di 3-4 anni, in lacrime per la violenza a cui assisteva. Risultato: la giornalista è stata offesa e insultata a sua volta dai passeggeri, accusata di buonismo e di essere una radical chic.  

E' accaduto ieri alle 14,30 circa, come racconta la stessa Giorgia Rombolà sul social network: "Questo è successo a me, e non a qualcun altro. E' successo alle 14.30 su un treno della linea A della metro di Roma. Fermi a una fermata: trambusto, urla e il pianto disperato di una bimba. Una giovane, credo rom, tenta di rubare il portafoglio a qualcuno. La acciuffano e ne nasce un parapiglia, la strattonano, la bimba che tiene per mano (3/4 anni) cade sulla banchina, sbatte sul vagone. Ci sono già i vigilantes a immobilizzare la giovane, ma a quest'uomo alto mezzo metro più di lei, robusto (la vittima del tentato furto?) non basta. Vuole punirla. La picchia violentemente, anche in testa. Cerca di strapparla ai vigilantes tirandola per i capelli. Ha la meglio. La strattona fino a sbatterla contro il muro, due, tre, quattro volte. La bimba piange, lui la scaraventa a terra". 

Il racconto si fa più drammatico: "Io urlo dal vagone: 'Non puoi picchiarla, non puoi picchiarla'. Ma non si ferma. Io urlo ancora più forte, sembro una pazza. Esco dal vagone, mi avvicino e cerco di fermarlo. Solo ora penso che con quella rabbia mi avrebbe potuto ammazzare, colpendomi con un pugno. 'Basta, basta', urlo. I vigilantes riescono a portare via la ragazza. Lui se ne va urlando, io risalgo sul treno. E' lì vengo circondata. Un tizio che mi insulta dandomi anche della put... dice che l'uomo ha fatto bene, che così quella str... impara. Due donne (tra cui una straniera) dicono che così bisogna fare, che evidentemente a me non hanno mai rubato nulla. Argomento che c'erano già i vigilantes, che non sono per l'impunità, ma per il rispetto, soprattutto davanti a una bambina. Dicono che 'chissenefrega' della bambina, tanto rubano anche loro, anzi ai piccoli menargli e ai grandi bruciarli. Un ragazzetto dice se c'ero io quante mazzate. Dicono così. Io litigo, ma sono circondata. Mi urlano anche dai vagoni vicini. E mi chiamano comunista di merda, radical chic, perchè non vai a guadagnarti i soldi buonista del ca.... Intorno a me, nessuno che difenda non dico me, ma i miei argomenti. Mi guardo intorno, alla ricerca di uno sguardo che seppur in silenzio mi mostri vicinanza. Niente. Chi non mi insulta, appare divertito dal fuori programma o ha lo sguardo a terra. Mi hanno lasciato il posto, mi siedo impietrita. C'è un tizio che continua a insultarmi. Dice che è fiero di essere volgare. E dice che forse ci rivedremo, chissà, magari scendiamo alla stessa fermata. Cammino verso casa, mi accorgo di avere paura, mi guardo le spalle. E scoppio a piangere. Perchè finora questa ferocia l'avevo letta, questa Italia l'avevo raccontata. E questo, invece, è successo a me".