Mercoledì 24 Aprile 2024

Rigore su tutto Allora perché sul Covid no?

Raffaele

Marmo

La destra di Giorgia Meloni fa la destra, come c’era da attendersi. E, del resto, gli italiani l’hanno votata per quello. Dunque, giustizialismo e legalità, sicurezza e tolleranza zero, verrebbe da dire più ordine e disciplina, sono i tratti delle prime mosse del governo. C’è, però, qualcosa che, con questa impostazione, non torna: il permissivismo sul fronte del Covid. È stucchevole e da radical chic l’atteggiamento di chi, a sinistra, si straccia le vesti per la stretta sui rave party o per quell’idea della pena come punizione, più che come espiazione tesa alla rieducazione, che sottende il giustizialismo di fondo di un cambiamento sull’ergastolo ostativo, più apparente che reale, imposto dalla Corte costituzionale. Solo un’idea consociativa del governo del Paese, come si è tradotta nella realtà, più di quello che si racconta, anche quella che ha ispirato gli esecutivi di Silvio Berlusconi, poteva far presumere che la premier volesse continuare a praticare l’arte del "ma anche". Come dire: siamo per l’ordine, ma anche perché i giovani possano sfogarsi nei rave, siamo per la legalità, ma anche perché tutti i detenuti, compresi i mafiosi incalliti, possano avere i benefici per una pena "più umana".

E, invece, no. La destra di Giorgia Meloni non esita a compiere scelte di destra fin dall’inizio. E questo non è un giudizio di condivisione o una critica: è semplicemente un dato di fatto con il quale non siamo abituati a fare i conti.

Con questo criterio, però, quello che stona è l’allentamento del rigore sul fronte della pandemia: è vero, alla fine, le mascherine negli ospedali restano, ma il segnale dato ai medici e agli operatori sanitari, con la reintegrazione di coloro che non si sono vaccinati e la fine dell’obbligo specifico del vaccino per la categoria, non è concretamente e simbolicamente un segno di forza dello Stato, semmai di cedimento a pulsioni che non convincono.