Mercoledì 24 Aprile 2024

Quanto conta il corpo del capo in un conflitto

Roberto

Giardina

Nella guerra tra Russia e Ucraina conta anche il corpo del capo. Zelensky e Putin sono maestri nella messa in scena di se stessi, sia pure con stili opposti. Zelensky non si risparmia, appare ovunque, e via zoom ha parlato a Davos, il vertice mondiale dei potenti: "Come faccio a dialogare con Putin? Comincio a dubitare che sia vivo, e che in pubblico appaia un sosia".

Morto o no, il capo del Cremlino potrebbe non essere più in grado, fisicamente e psichicamente, di prendere delle decisioni. È da un anno che quasi ogni settimana si dà per certo che lo Zar sia in fin di vita, malato di cancro, al pancreas, al colon, ai polmoni, oppure che abbia il Parkinson o l´Alzheimer. Dal Cremlino, il portavoce Dmitri Peskov ribatte: "Zelensky si rassegni, la Russia è sempre più forte, Putin è vivo…ha fatto il tradizionale bagno nel lago ghiacciato per l´Epifania ortodossa". Ma mancano le immagini, la realtà sarebbe banale. Passano i millenni, e come Achille nell’Iliade, l´eroe deve apparire forte e seducente.

Mussolini si lasciava ritrarre a falciare il grano a torso nudo, Hitler creò il mito del Führer, un nuovo Messia, l’unico suo amore era la Patria. I tedeschi ignorarono fino all’ultimo l´esistenza di Eva Braun al suo fianco. Kennedy vinse il duello tv, che decise d’un soffio la sua vittoria, perché Richard Nixon sudava davanti alla telecamere. Come un qualsiasi mortale. Per Marshall McLuhan, il teorico della comunicazione, il mito del Duce e del Führer resisté perché parlavano alla radio e non alla tv, un mezzo che consuma chi ne abusa. Putin dosa le apparizioni, e si presenta come il padre di tutti i russi. Malato o accorto? Zelensky non abbandona la maglia da militare, e da ex attore ama la ribalta. Parlerà anche a Sanremo. Sbaglia, come ammonisce McLuhan? I due nemici si rivolgono a pubblici diversi, forse hanno ragione entrambi.