Venerdì 26 Aprile 2024

Quando la sconfitta brucia troppo Delusione Mancini: pensa all’addio

Il ct potrebbe lasciare la panchina. Dopo il trionfo europeo, non ci sta a passare da perdente

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di Paolo Franci

Nella pelle del Mancio. Cercare di capire cosa stia provando e cosa fare adesso. In un Paese che sa alternare bandiere e forche come fosse biancheria nello stendino, lo Straordinario Condottiero di ieri è il Grande Colpevole di oggi e solo un tizio che ha avuto tanta fortuna. Si sa: l’ingratitudine è un prodotto tipico di questa nostra Italia e il carro del vincitore è il mezzo più utilizzato. E poco importa che lui sia avvilito, distrutto, con una nottata piena di incubi e angoscia sulle spalle. La più brutta della sua carriera.

C’è chi ne invoca le dimissioni neanche fosse la soluzione al cambiamento climatico. Chi cerca di convincerlo a non mollare. Primo fra tutti, il presidente federale Gabriele Gravina che con lui ha ricostruito il mondo azzurro. A chiederne la conferma c’è una folta schiera di giornalisti sportivi, di solito i primi mazzolatori. E un motivo c’è: chi mettere al suo posto? Lippi e Cannavaro o Gattuso e Pirlo? Non sono un’opzione. Piace Pioli, ma lascerebbe il Milan? E allora, ecco perché rinunciare al Mancio significherebbe lasciare spazio a soluzioni discutibili, come accadde con Ventura per il dopo Conte. Ancelotti? Difficile.

E allora, cosa farà il Mancio? La sensazione che possa dire addio è palpabile. Difficile interpretarlo con robusta precisione e per un semplice motivo: mai, nella sua carriera gli era capitato un incubo del genere. A maggior ragione dopo aver fissato un obiettivo – rivelato solo nelle chiacchierate in relax – sin dal primo giorno: vincere il Mondiale. Lui, il Vincente che diventa il Grande Perdente. Insopportabile. Il paragone con Ventura? Intollerabile, anche perché lui ha vinto l’Europeo dopo mezzo secolo di digiuno azzurro.

E poi, ci sono le prospettive: Mancini è un alligatore che si nutre di successo e ambizione. È un visionario che sposta l’asticella un po’ più su fino al limite della magnifica follia. Ricordate? Convocava pulcini implumi tipo Zaniolo e Barella, o sconosciuti come Grifo e, mentre lo prendevano per pazzo, costruiva il capolavoro. C’era la sfida ad accenderlo, il colpo di tacco e cioè smentire, zittire, sbalordire.

Però. C’è un però: ama visceralmente l’azzurro e questa è una carta in mano a Gravina. Ma, ci si chiede: perché dovrebbe restare? Non ha prospettiva a breve termine se non la Nations League e poi l’Europeo del 2024, con le qualificazioni tra un anno. E questi sono i momenti in cui riscattarsi subito equivale a respirare per uno come lui. Ce l’ha dentro. Guarda un po’, era marzo anche quella volta, nel 2008, quando, eliminato in Champions con l’Inter contro il Liverpool, si siede in sala stampa e spara: "Nonostante io abbia 4 anni di contratto questi saranno gli ultimi due mesi e mezzo che passerò alla guida dell’Inter". L’amarezza di quell’ennesimo flop europeo lo travolse. Moratti, che lo considerava un figlio, non gliela perdona e a fine stagione, con una nota freddissima, comunica che "il signor Mancini è esonerato per le dichiarazioni rese dopo la partita Inter-Liverpool..." anche se il signor Mancini ci aveva ripensato. Fu una botta durissima per lui.

Ecco, magari ripensi a quella volta prima di fare quello che gli frulla e rifrulla nella testa come un demone: sedersi e raccontare che non è più il ct della Nazionale.