Mercoledì 24 Aprile 2024

Porti sempre più lontani Il governo vuole sfiancare le Ong E cerca accordi coi Paesi africani

Tajani prima vedrà Erdogan, poi le missioni in Tunisia e Libia. Ecco il piano per fermare le partenze

Migration

di Alessandro

Farruggia

La strategia è su due livelli. Il primo, più visibile, è scoraggiare ulteriormente le navi delle ong. Senza divieti draconiani tipo la chiusura dei porti, ma rendendo il loro lavoro enormemente più complicato, più difficile, più costoso. E meno efficiente. Nell’ultimo mese le ong hanno effettuato poco più del 7% dei salvataggi (dal 22% dello scorso inverno), l’obiettivo è farle scendere ancora.

Ma c’è anche un livello più strategico, che punta a regolare l’immigrazione riducendo i flussi e, possibilmente, effettuando nel lungo periodo una selezione a monte degli aventi diritto a protezione umanitaria. Di questo, del lavoro sulle partenze verso l’Italia, in particolare si è parlato in un lungo vertice – due ore – a Palazzo Chigi, al quale hanno partecipato la premier Giorgia Meloni, i vice premier Matteo Salvini e Antonio Tajani, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e il sottosegretario con delega ai servizi, Alfredo Mantovano. All’incontro era presente anche Elisabetta Belloni, direttrice generale del DIS. In questa sede si è discusso dei flussi attesi secondo i nostri 007 e del lavoro diplomatico da fare con i Paesi di transito e di partenza e della preparazione del Consiglio europeo in programma il 9 e 10 febbraio.

"Venerdì (domani, ndr) – ha fatto sapere il ministro degli Esteri, Antonio Tajani – mi recherò in Turchia per parlare col ministro degli Esteri di Ankara anche dei flussi in arrivo lungo la rotta balcanica e di quello che accade in Libia". Ed è quest’ultimo passaggio a essere cruciale visto il fatto che la Turchia è la potenza regionale di riferimento in Tripolitania, e uno dei tre grandi attori (con Egitto e Russia, che sono invece decisivi in Cirenaica) che contano davvero in Libia e possono incidere sulle partenze verso l’Italia. Da notare che lunedì prossimo in Turchia arriverà anche il ministro dell’Interno, Piantedosi, che vedrà l’omologo turco.

I viaggi in Turchia sono solo un tassello di una strategia mediterranea. "Martedì – ricorda Tajani – ho avuto un lungo colloquio telefonico con il ministro degli Esteri della Tunisia. Abbiamo parlato de i migranti che vengono dall’Africa subsahariana e che partono dal porto di Sfax: ho chiesto assicurazioni perché ci siano più controlli e perché siano rispettati gli accordi per il rimpatrio dei tunisini arrivati in maniera irregolare". Presto Tajani sarà in Tunisia e poi, più in là, in Libia. Prossimamente – forse a inizio febbraio – potrebbe poi esserci una visita del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in Algeria, con focus sul gas, ovviamente, ma anche sui migranti. Tutto si tiene nello scacchiere mediterraneo nella logica del ’piano Mattei’ di sviluppo italo-africano annunciato dalla premier Meloni nel discorso di insediamento.

Nel frattempo, le navi delle ong si trovano strette dalle nuovo regole del Viminale che oggi gli impongono di portare i migranti in porti lontani come Ancona (Ocean Viking ieri e Geo Barents oggi), Livorno, Ravenna, La Spezia e, prossimamente, Genova. Le ong da parte loro protestano, ma sono costrette a fare buon viso a cattivo gioco. "I 37 naufraghi della Ocean Viking sono sbarcati ad Ancona, a 1.575 km di distanza dall’area dei soccorsi. Dopo aver affrontato una tempesta violentissima. Ma questa situazione illegale – denuncia Sos Mediterranee – poteva essere evitata con la designazione di un porto più vicino". Non meno dura Msf. "L’Italia – dice l’associazione che opera con la Geo Barents – ha rifiutato categoricamente le nostre richieste. Non abbiamo quindi altra scelta che obbedire e proseguire verso nord, verso Ancona. Aderire alle indicazioni delle autorità, però, non significa essere d’accordo. È inaccettabile mandarci ad Ancona mentre altri porti idonei sono molto più vicini, soprattutto in queste condizioni meteo. Questo è contro il diritto marittimo internazionale". Ma il Viminale non cambierà linea ed è pronto ad affrontare anche eventuali ricorsi delle ong a tribunali internazionali.