Mercoledì 24 Aprile 2024

Ciclabili flop, percorsi a ostacoli e zero protezioni: "Ecco cosa serve"

Bonfanti (mobilità attiva Legambiente): cordoli strategici e pedane sopraelevate. "Italia ultima in Europa"

Alessandra Bonfanti, Legambiente

Alessandra Bonfanti, Legambiente

Roma, 9 novembre 2022  - Difficile esprimere un giudizio uniforme. In un Paese come l’Italia, dire "ciclabile" significa entrare nel regno delle migliori intenzioni non sempre proporzionalmente onorate. Secondo il codice della strada, la pista ciclabile è "la parte longitudinale della strada, opportunamente delimitata, riservata alla circolazione dei velocipedi". Poi c’è tutto il resto, che si chiama realtà. Progettazioni rigorose oppure palesemente sommarie; separazione o meno – mediante cordoli o barriere in cemento – dalle corsie per auto o mezzi pubblici e dagli spazi pedonali; qualità del manto stradale; continuità o interruzione dei tronconi; promiscuità tra ciclisti, che sfrecciano nelle aree dedicate, e pedoni più o meno incauti.

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L’Italia conta su circa 5mila km di ciclovie urbane (224,5 km dei quali inaugurati da 31 città nel biennio terribile del Covid) e su 6mila km di ciclovie turistiche già approvate ma in buona parte da completare. "La mobilità ciclistica è una scelta di sistema", ricorda il governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, presidente della Conferenza delle Regioni. Gli enti locali già pregustano le risorse quadriennali stanziate dal Pnrr di qui al 2026: 200 milioni di euro per 565 km aggiuntivi di ciclovie urbane rafforzando i collegamenti con stazioni e università; 400 milioni di euro per realizzare almeno 1.235 km di nuove ciclovie turistiche e risistemare i tracciati esistenti.

Secondo l’Istat, i "timori per la sicurezza e l’incolumità sono tra i fattori più rilevanti" che limitano l’uso della bici "specie in città e in ambiti urbanizzati dove il traffico veicolare è più intenso". Circa l’8% dei decessi stradali riguarda infatti i ciclisti (253 vittime il dato 2019), davanti ai camionisti (4%) e subito dietro a pedoni (17%), motociclisti (25%) e conducenti auto (44%).

Le dinamiche degli incidenti sono le più varie. Quali priorità per limitarli? Alessandra Bonfanti, responsabile mobilità attiva di Legambiente, entra nel dettaglio, ma prima reclama una premessa. Eccola: "L’Italia è in ritardo clamoroso sul resto d’Europa. Ad eccezione di alcuni Comuni più evoluti, manca quasi del tutto l’adesione a quel progetto ’Vision Zero’ che, in città come Helsinki o Oslo, da anni azzera le vittime stradali con un mix di scelte che vanno dal limite dei 30 km/h, al depotenziamento della circolazione, alla ridefinizione delle carreggiate, delle ciclabili e degli spazi pedonali. Da luglio 2024 i limitatori elettronici di velocità sulle auto segneranno una nuova era. In cui la bicicletta avrà più spazio. Oggi la usano in media solo quattro italiani su cento".

Più ciclisti più ciclovie urbane. "Il che richiede una pianificazione più attenta – spiega Bonfanti –. Anzitutto, vanno studiati i flussi attesi. Poi la collocazione rispetto al resto della viabilità (centrale o periferica). Non si possono progettare piste nuove senza pensare a percorsi protetti. Le barriere in cemento a volte sono imprescindibili. Anche segnaletica, colori speciali e semafori hanno grande importanza". E poi vanno messi in sicurezza gli incroci, che spesso prevedono l’interruzione della ciclabile. "La soluzione – spiega Bonfanti – è quella opposta: la continuità va garantita alle bici, grazie a pedane sopraelevate o a cordoli strategici che ricordino ai conducenti delle auto di non correre. Perché la sicurezza stradale dipende sì da visioni urbanistiche contemporanee, ma anche da dettagli ben studiati".