Mercoledì 24 Aprile 2024

Oltre 700 cantieri fermi, in gioco 72 miliardi

L’appello dell’Ance: "I lavori bloccati significano un milione di posti di lavoro in meno e 252 miliardi di mancate ricadute sull’economia"

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Opere ferme, lavoro che manca, danno sicuro per il settore edilizio e ricadute sul resto dell’economia ancora peggiori. E’ il quadro a tinte fosche che emerge dal censimento dell’Ance, l’associazione dei costruttori edili sullo stato dell’arte in tema di appalti pubblici. Sono 739 le opere bloccate per un valore di circa 72 miliardi di euro. Le opere bloccate significano oltre 1 milione di posti di lavoro in meno e 252 miliardi di euro di mancate ricadute sull’economia. Nel dettaglio, le opere bloccate sono 472 al Nord per un valore di 29,5 miliardi di euro; 150 opere al Centro per circa 14 miliardi di euro e 162 opere al Sud per un valore di 28,5 miliardi di euro.

Quanto alle dimensioni delle infrastrutture al palo, secondo i dati dell’Ance, si tratta di 93 grandi opere, ovvero superiori ai 100 milioni di euro, per oltre 66 miliardi di euro e 646 opere medio-piccole per circa 5,5 miliardi di euro.

"Il primo lavoro da fare è velocizzare e sbloccare la realizzazione di infrastrutture indispensabili per il bene sociale ed economico del Paese".

Il presidente dell’Ance, Gabriele Buia chiede al governo di fare presto "oppure rischiamo di perdere le risorse del Recovery Fund". Un appello che Buia rinnova di fronte ai numeri, censiti dall’associazione dei costruttori edili, che vedono ben 739 opere bloccate per un valore che si aggira intorno si 72 miliardi.

Ma non solo. A queste cifre si aggiungono quelle relative ai tempi di realizzazione. "In genere per realizzare una grande opera da noi ci vogliono in media 15-16 anni. L’Europa ci chiede di farlo in 5 anni – aggiunge Buia –. Allora bisogna intervenire in fretta. A parole vedo che c’è la buona volontà per semplificare e mi auguro che questa sensibilità basti. Voglio essere ottimista. Dobbiamo dare operatività e regole nuove al Paese al pari di altri paesi europei. Solo così potremmo tornare a crescere".

Finora, evidenzia Buia, "ci si è concentrati sulla fase di gara e sull’individuazione di opere da commissariare ma non sulle procedure a monte della gara nelle quali si annida il 70% dei ritardi".

Di qui la necessità di un deciso cambio di passo. Occorre, dice Buia, dunque "avere il coraggio di tagliare passaggi inutili, eliminare sovrapposizioni di competenze e imporre tempi perentori per le decisioni"’, afferma, auspicando che "tutti i ministeri e le istituzioni competenti collaborino affinché si arrivi quanto prima a delineare un sistema decisionale rapido e efficiente, che è la vera svolta attesa dal Paese in vista del Recovery Fund".

"L’Europa ci dice chiaramente cosa dobbiamo fare – aggiunge Buia –. I soldi sono condizionati al fatto che le opere siano fruibili entro il 2026, ci sono passaggi da verificare, insieme ai benefici per la collettività. L’Europa non ci regala soldi, ce li presta. Dobbiamo mettere a punto uno snellimento delle procedure che dobbiamo mantenere al di là delle risorse del Recovery, ma per per programmare il futuro del Paese al 2030".

red. pol.