Mercoledì 24 Aprile 2024

Nessuna tregua per l’acciaieria Putin intima: resa senza condizioni

"I militari consegnino le armi, poi facciamo uscire i civili". I soldati a Zelensky: "Tira fuori di qui morti e feriti"

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di Giovanni Rossi

È un labirinto: militare e diplomatico. A Mariupol da tre giorni si combatte la battaglia finale nell’area – e nelle viscere – del complesso siderurgico Azovstal. Ma non tutto, anzi quasi nulla, è chiaro su cosa stia davvero accadendo nello scheletro della mastodontica acciaieria simbolo della resistenza ucraina. Le narrazioni divergono totalmente. Sia sui combattimenti sia sulla prevista nuova evacuazione dei civili asserragliati nei bunker e ormai allo stremo. "Ci sono ancora centinaia di civili e oltre 500 soldati feriti intrappolati", quantifica la procuratrice generale dell’Ucraina Iryna Venediktova in videoconferenza con Palermo. Ed è buio pesto anche sulla via d’uscita dall’assedio. "L’assalto continua. I difensori mantengono il controllo della fabbrica sotto pesanti bombardamenti. Il nemico usa aerei, artiglieria e fanteria", riferisce in serata il Reggimento Azov.

I concordati tre giorni di tregua, tra le 8 e le 18, da ieri a domani, secondo il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov vengono rispettati: "Siete testimoni, il presidente ha dato ordine di astenersi da un assalto. Nessun altro ordine è stato annunciato e i corridoi umanitari stanno funzionando", riferisce l’ombra mediatica di Vladimir Putin. Versione del tutto opposta a quella – tuttavia non così lineare – di Oleksiy Arestovych, consigliere della presidenza ucraina. "Ci sono combattimenti in corso", assicura l’uomo di fiducia di Volodymyr Zelensky. Le truppe russe entrate nei sotterranei "sono state respinte dalle nostre forze di difesa", ma "le altre informazioni devono essere chiarite", è l’ammissione.

E che qualcosa non stia andando come previsto, o che la gestione dell’ultima roccaforte militare a Mariupol agiti il quadro politico, lo dimostra la manifestazione in piazza Maidan di mogli e madri dei soldati del Reggimento Azov a difesa dell’acciaieria. La protesta convocata via Instagram sul profilo Save Mariupol (poi oscurato, secondo l’Ansa) evidenzia il problema. Gli agenti, più numerosi dei manifestanti, ne fermano almeno cinque invocando la legge marziale, e la stampa è invitata a cancellare le immagini dei poliziotti anti sommossa: "Potete filmare solo i civili". Dopo circa un’ora la manifestazione si scioglie senza incidenti. Ma il fatto resta.

La chiave della protesta sta forse nell’ultimo video del comandante del Reggimento, Sviatoslav Palamar, nel quale il leader della resistenza si appella "a tutta la comunità internazionale e al comandante in capo", cioè Zelensky in persona, "per portare via i soldati feriti, che muoiono qui senza poter avere un adeguato aiuto medico, e i corpi dei nostri soldati, affinché i loro cari possano dare l’ultimo saluto". Un intervento "appropriato a una situazione critica in cui il nemico non rispetta alcuna norma etica", accusa Palamar: "Per l’ennesima volta i russi violano il cessate fuoco e non permettono di evacuare i civili".

Mosca sente la conquista più vicina. "La Russia è ancora pronta a garantire un’uscita sicura dei civili", ma "le autorità di Kiev devono ordinare" ai militari "di arrendersi", fa sapere il Cremlino a margine dello "scambio di opinioni" tra Putin e il presidente israeliano Naftali Bennett. La Russia chiede la resa di Azovstal, l’Ucraina si oppone. La difesa degli ultimi "11 km quadrati di libertà a Mariupol" è la "priorità numero uno", rilancia il governo di Kiev confermando la resistenza a oltranza. Ma i familiari dei soldati non ci stanno a piangere inutili martiri vista la situazione apparentemente senza sbocchi. La carovana Onu in viaggio per Mariupol conta di arrivare oggi "per evacuare i civili rimasti nell’acciaieria", promette il sotttosegretario Martin Griffits da Varsavia. Poi, se e quando tutti i civili saranno usciti, si deciderà il destino dei militari assediati.