Mercoledì 24 Aprile 2024

Mossa a sorpresa

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Matteo

Massi

Salvatore o speculatore? Ad aprile – per molti – Elon Musk, quando ha annunciato di voler acquistare Twitter, era il salvatore del social che annaspa di più degli altri: perché è meno ammiccante, ha argomenti più seriosi e sembra così pretenzioso da dettare (quasi) l’agenda politica. L’altra notte (italiana) quando ha confermato che si tirava indietro dall’acquisto, ha fatto scivolare il titolo che cinguettava sempre meno e ha fatto rialzare invece le quotazioni della sua Tesla. A che gioco gioca Musk? A saperlo. Di certo ha cercato d’imbarcarsi in un’operazione senza precedenti e con molti dubbi non solo etici: può un magnate che si occupa di tutt’altro diventare il padrone di un social network e gestirlo a suo piacimento, facendo credere che la libertà d’espressione sarà garantita a tutti, anche a quel Trump che era stato estromesso proprio da Twitter? Può, nessuno lo vieta. Ma è chiaro che la torsione che avrebbe assunto il social network con una commistione pubblico (per i contenuti) e privato (con interessi specifici in una manciata di attività che hanno poco o nulla da spartire con il digitale) sarebbe stata ben più preoccupante di ciò cui assistiamo con gli altri giganti del web. Che non sono certo benefattori, ma puntano (ormai alla luce di sole) a rendere i loro social un invitante mercato per gli utenti e una prateria per gli inserzionisti.

C’è un terzo tema di riflessione: e se Musk, che infallibile non è, avesse sbagliato a fare i suoi calcoli? Possibile. Ma poco probabile. Diciamo che Musk ha fatto la mossa per vedere quale sarebbe stato l’effetto e appena si è accortoche l’effetto sarebbe stato poco remunerativo per le sue tasche, è tornato sui suoi passi. D’altronde c’è qualcosa d’inconciliabile nel gridare da una parte alla libertà d’espressione su Twitter e insistere pervicacemente nell’ottenere tutte le credenziali degli utenti del social con la giustificazione di una lotta più concreta alle fake news, per poi godere nella realtà di un pacchetto di potenziali clienti. La libertà d’espressione, così sventolata da aprile, è un’illusione. E guarda caso, appena Musk si è accorto che quella favola non avrebbe funzionato, ha cambiato direzione.

Difficile ipotizzare quale possa essere ora il futuro di Twitter, sempre più isolato nel panorama dei social. Più facile invece, immaginare cosa succederà ora. Sarà una battaglia legale, in cui Musk rischia di bruciare 1 miliardo (la penale per il recesso), il male minore visto come le azioni si sono deprezzate. E alla fine come cantava Lucio Battisti: io vorrei, non vorrei, ma se vuoi.