Mercoledì 24 Aprile 2024

Meglio fare l’influencer che il calciatore

Viviana

Ponchia

Se un figlio vi comunica che vuole fare l’influencer, non rispondete che servono anche i metalmeccanici. Piuttosto pensate di diventarlo anche voi: di avvocati in giro ce ne sono abbastanza e non guadagnano altrettanto. Questi spazi pubblicitari viventi che a volte hanno il viso di Chiara Ferragni ma più spesso sono il cugino di Molfetta che ce l’ha fatta, appartengono all’unico settore in cui gli stipendi continuano ad aumentare. Addirittura del 20%, come rivela l’ultimo report della società DeRev. Se nel 2021 un post valeva fino a 60mila euro, adesso un video su YouTube tocca gli 80 mila, fatevi due calcoli.

La piramide composta in Italia da circa 350mila persone diversamente laboriose vede al vertice le celebrity del calibro di Fedez e sua moglie, Khaby Lame e Valentino Rossi. Ma potete puntare a molto meno e vivere comunque nell’agio: i nano influencer (sulla carta sfigati da mille a 10 mila seguaci) sono sempre più ricercati nelle strategie di digital marketing e non se la passano affatto male. L’importante – e questo va detto proprio all’avvocato perché vostro figlio lo sa già – è sganciarsi dal reparto geriatrico di Facebook dove gli "stipendi" sono crollati del 35% e lanciarsi su piattaforme pop come Instagram e TikTok, tanto cosa vi importa se zia Pina smette di seguirvi. Ciò che vi viene richiesto è la capacità di influenzare le decisioni d’acquisto mettendoci la faccia. Moda, cibo e viaggi restano in testa. Avanzano i guru di economia e finanza, i rabdomanti del crowfunding e delle startup. Da scegliere ce n’è, considerando che è in atto anche una migrazione verso il metaverso, dove sareste virtual influencer forniti di avatar. Lì non troverete il cantautore Ermal Meta, che dopo ciò che ha detto sull’argomento considero mio fratello: "Non sono un influencer, non so prendere la mira. Io colpisco alla cieca. E amo alla rinfusa".