
La statua dedicata a Diego Armando Maradona a Napoli, la città che l’ha adottato non l’ha mai dimenticato
Leo Turrini
Breve promemoria per chi pensa, magari non a torto!, che nella nostra amata Italia l’amministrazione della giustizia somigli un po’ troppo ad uno spettacolo multimediale: c’è chi sta peggio… Rimbalza dall’Argentina la notizia che uno dei giudici del cosiddetto Processo de Dios, a carico dei sanitari che non tutelarono la salute di Diego Armando Maradona, è stato costretto ad abbandonare il caso. Motivo: la signora Julieta Makintach, 47 anni, membro della corte di Buenos Aires, beh, mentre era intenta a valutare indizi e prove si dedicava pure, in contemporanea!, a partecipare come protagonista ad una futura serie tv dedicata alla tragica fine del Pibe de Oro, idolo nazionale che il popolo della Pampa vorrebbe ottenesse almeno giustizia postuma. La sua morte è stata accompagnata da vicende e comportamenti che hanno indignato i compatrioti: ma un processo dovrebbe essere al servizio della Verità. Non di una fiction. Giudice ma anche attrice nel ruolo di se stessa, Julieta è stata coperta di infamia sia dalla pubblica accusa che dai difensori. Qui si presume non a torto: perché quando si parla di processi e sentenze, quando si debbono emettere verdetti in nome della collettività, in Argentina come in Italia la sobrietà di chi ha l’ultima parola è il minimo sindacale. La giustizia non può e non deve essere uno spettacolo. Mai. Quanto a Maradona, da vivo aveva tanti difetti, a parte l’immenso talento calcistico. Da morto, avrebbe diritto ad una pace che ostinatamente gli viene negata. Purtroppo.