Mercoledì 24 Aprile 2024

"Ma non ci sarà una terza Intifada"

Tramballi (Ispi): questa crisi rafforza Netanyahu, che così resta al potere

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di Lorenzo Bianchi

Esplode di nuovo il Medio Oriente. Chi si rafforza ora? "Netanyahu – riflette Ugo Tramballi, senior advisor dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) e per anni inviato del Sole 24 Ore – cavalca il concetto di sicurezza da più di un decennio per alimentare il suo potere. Hamas da Gaza lancia i razzi un po’ a casaccio, giusto per darsi una ragion d’essere, di fatto non servono a nulla".

Qual è l’interesse di Netanyahu?

"Nell’ultimo voto ha conquistato tanti seggi quanti non ne aveva mai presi prima. Più va avanti la crisi di sicurezza, più si ritarda la fine del suo mandato politico e il suo confronto con la giustizia israeliana. In ogni caso la tensione c’è sempre. Ogni tanto esplode".

Il carburante sono, ancora una volta, i palestinesi.

"Vivono in una gabbia, gli viene negato, soprattutto dai loro dirigenti, di partecipare alle elezioni e sono presi a martellate dagli israeliani. Da 10 anni non si parla più della questione che li riguarda. Perfino gli arabi, con gli accordi di Abramo, hanno dimostrato che non gli interessa nulla di loro. Una volta ponevano come condizione che si risolvesse la vicenda palestinese".

Oggi due donne israeliane sono state uccise da un razzo a Ashkelon.

"Ci sono sempre vittime da tutte e due le parti. Leggevo sul sito di Haaretz che sono entrati in scena i soliti negoziatori, l’Egitto e gli Stati Uniti. Hamas ha dimostrato di poter colpire fino alle porte di Gerusalemme e ora è pronta all’ennesima tregua. Non credo che si stia andando verso la terza Intifada. C’è il muro di separazione che impedisce gli attacchi all’interno di Israele. La Cisgiordania è totalmente sotto il controllo degli israeliani, anche grazie a tecnologie capillari. I palestinesi che hanno tentato alcuni giorni fa di entrare in Israele avevano armi fatte in casa. Durante il periodo degli accordi di Oslo, avevano armi leggere".

Qual è ora il ruolo del presidente americano Joe Biden?

"Gli accordi di Abramo fatti da Trump restano. Sono intese serie. Biden non li rinnegherà. Anzi, cercherà di allargarli e non sposterà l’ambasciata da Gerusalemme a Tel Aviv. Il Medio Oriente era sicuramente in fondo alla sua agenda di politica estera. Però più la situazione si fa tesa, più gli Stati Uniti saranno costretti a cercare di intervenire per imporre una ripresa del dialogo. Biden non può girare la testa dall’altra parte".

Come giudica la possibile nuova maggioranza guidata da Yair Lapid?

"Il denominatore comune è solo l’essere contro Netanyahu. È una sorta di Frankenstein politico. Unisce Meretz, la sinistra pacifista, quel che resta dei laburisti, Naftali Bennet, in pratica il partito dei coloni, Avigdor Lieberman, il russo ebreo sostanzialmente antiarabo. In Israele non sono capaci di fare una riforma elettorale e quindi votano ogni sei mesi".