Mercoledì 24 Aprile 2024

L’uomo degli squali: "Non sono mostri. Li amo fin da bambino, e ora voglio salvarli"

Il biologo ha aperto un museo in Sudafrica: "Sono opere d’arte viventi. Paura? Mi terrorizza di più il mare. Uccidono solo 10 persone all’anno. Una volta avevo il braccio fuori dalla gabbia di protezione: fui graziato"

Squalo bianco

Squalo bianco

Una vita per gli squali. Bianchi. Il professor Alessandro De Maddalena, milanese, 52 anni, ha ora aperto con la moglie, la biologa Alessandra Baldi, lo Shark Museum a Simon’s Town, vicino a Città del Capo, Sudafrica, dove vive con figlio e cagnolina. Da lì viaggia per spedizioni e conferenze. A Milano Bicocca insegna ittiologia a Scienze marine.

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Professore, sul sito ha i versi di Bruce Springsteen: "Voglio dormire sotto cieli sereni nel letto del mio amore, con una vasta campagna aperta nei miei occhi e questi sogni romantici nella mia testa". Come mai?

"Amo il rock e il Boss è una grande fonte di ispirazione. Quando ascolto No Surrender inevitabilmente mi viene da pensare che la passione per ciò che faccio mi ha portato a realizzare i miei sogni e a vivere, trasferendomi nel 2010 in Sudafrica, la situazione descritta da Springsteen".

Come nasce la passione per il mare?

"Fin da bambino ho provato una grande attrazione per gli animali marini: è un altro mondo. Mentre cerchiamo la vita nello spazio stiamo facendo di tutto per estinguere quella nei mari, senza nemmeno avere scalfito il mistero della comunicazione con altre specie animali".

E la passione per gli squali?

"Ciò che mi ha sempre affascinato è la loro bellezza: sono opere d’arte viventi. La natura ha raggiunto la perfezione".

Lo squalo bianco è protagonista drammatico di avventure letterarie e cinematografiche: lei come ci si è avvicinato?

"A 8 anni vidi il documentario di Bruno Vailati Uomini e squali. La parte finale sotto la guida di Rodney Fox, Ron Taylor e Valerie Taylor mi lasciò ammirato e sbalordito: il fascino degli squali bianchi mi irretì e non mi abbandonò più. Mi fa sorridere pensare che ho lavorato con Andrew Fox, il figlio di Rodney".

La disturba la fama di animale... assassino?

"Sì, profondamente. Trovai Jaws di Peter Benchley (dal quale fu tratto il film di Spielberg Lo squalo) un romanzo scadente. Da ragazzo reputai il film migliore, ma riguardandolo in seguito mi accadde di trovarlo sempre più assurdo e ridicolo. Il messaggio, pur di una storia di fantasia, ne danneggia in maniera massiccia l’immagine: gli squali uccidono una decina di persone l’anno in tutto il mondo, nello stesso periodo gli esseri umani ne uccidono tra 70 e 200 milioni. Chi è il mostro?".

Che sensazione dà nuotare a loro contatto?

"Profonda felicità e soddisfazione. Ogni momento che mi donano in loro compagnia è un privilegio. Ma la pesca rende sempre più difficile incontrarli nel loro ambiente. Temo il momento in cui dovremo smettere le nostre spedizioni per l’esiguo numero di squali rimasti".

Ha mai avuto paura?

"Frequentemente, ma per colpa del mare: la sua immane potenza ci fa sentire piccoli e del tutto inermi. Quando ho sfiorato la morte non è mai stato a causa degli squali".

La curiosità può creare rischi?

"La curiosità è l’eccitazione del momento. L’utilizzo di una gabbia è necessario e previsto dalla legge. Sebbene stia sempre molto attento, mi è capitato di fare errori. Una volta a circa 20 metri di profondità nei pressi delle Isole Neptune, in Australia Meridionale, l’emozione di avere uno splendido squalo bianco che mi toccava con il muso l’obiettivo della macchina fotografica fu tanta che non feci caso di avere il braccio destro interamente fuori dalla gabbia. Sentii sfiorare il mio gomito: era un altro squalo bianco, enorme, che con il muso mi stava gentilmente spingendo il braccio. Evidentemente non aveva alcuna intenzione di farmi del male".

Quali consigli dà a chi si avvicina per la prima volta a questa esperienza?

"Di scegliere chi lavora con rispetto per gli animali e in sicurezza".

Dal punto di vista umano, quale sfida la porta a compiere queste spedizioni?

"Il desiderio di non avere rimpianti quando morirò. Con gli anni si fa più forte la determinazione a dedicare il prezioso tempo rimanente a fare ciò che più amo".

E a quali conclusioni scientifiche è giunto o ancora si attende?

"Credo di avere già portato a termine buona parte del mio contributo finale alle Scienze naturali. Sono particolarmente fiero di ciò che ho fatto nella raccolta e analisi dei dati sullo squalo bianco nel Mediterraneo".

Entriamoci allora nel Mare Nostrum: che dicono gli studi?

"Ho raccolto e analizzato oltre 600 segnalazioni in 4 secoli. Lo squalo bianco frequenta le aree vicine alle secche, le isole, gli stretti, i canali, dove può reperire facilmente un maggior numero di prede: pesci ossei, cetacei, tartarughe marine. I neonati registrati e le femmine gravide catturate nel Canale di Sicilia indicano che è l’area primaria per il parto. I casi di attacchi all’uomo e a imbarcazioni sono 55, 13 dubbi; quelli fatali solo 17. Il più antico risale al 1721 e il più recente al 2008. Sarebbe sufficiente questo dato a dimostrare quanto sia esagerata e assurda la fama di mangiatore d’uomini: di norma lo squalo bianco non mostra segni di aggressività quando incontra bagnanti, subacquei o imbarcazioni. La diminuzione della specie nel Mediterraneo è drammatica e continua. E io voglio salvare i miei squali".