Mercoledì 24 Aprile 2024

L’eterno tormentone del piano scuola

Matteo

Massi

Che anno è? Il 2021. Che giorno è? Il 31 luglio. Eppure, da un anno e mezzo, sembra di rivivere sempre lo stesso giorno. Un eterno giorno della marmotta, in cui si dibatte su quale piano adottare per riportare gli studenti in classe senza arrivare mai a una conclusione. E così il piano scuola slitta di un’altra settimana e inizia la giostra delle subordinate, dei distinguo, del "vorrei ma non posso". Sta di fatto che a un mese e mezzo dall’inizio dell’anno scolastico la parola Dad aleggia ancora inquietante sulle teste dei nostri figli. Nel frattempo, però, la campagna vaccinale procede, anche abbastanza spedita. E gli altri Paesi europei si sono già organizzati stendendo piani per il rientro in classe, in cui si evita di ricorrere alla Dad. Se non in condizioni di oggettiva emergenza.

Prendiamo la Francia. Non più tardi di 48 ore fa, senza troppi giri di parole, Macron ha deciso che la scuola ripartirà in presenza, a qualsiasi costo. In caso di contagi Covid: i vaccinati andranno in classe, gli altri resteranno a casa in Dad. Il modello piace anche all’Italia. Nemmeno il tempo che uscisse fuori il gradimento italiano per la soluzione francese che è ripartito il solito can can giustificatorio che trova, purtroppo, terreno fertile anche in chi rappresenta dirigenti e insegnanti: ma da noi non è possibile perché non abbiamo mezzi tecnici e tecnologi adeguati, perché la formazione degli studenti con una classe divisa a metà ne risentirebbe. Sta di fatto che stiamo per entrare nella (presunta) settimana decisiva.

Draghi ha definito la Dad catastrofica e dargli torto è veramente impossibile. Il piglio del premier secco, povero di subordinate e decisamente pragmatico, verosimilmente ora si allargherà anche alla scuola. È consapevole – come dovrebberlo essere tutti gli attori in campo (dai dirigenti scolastici agli insegnanti ) – che un altro anno o solo un’altra manciata di mesi di Dad significherebbe perdere ulteriore terreno nei confronti degli altri paesi europei. E questo l’Italia, dopo un anno e mezzo di pandemia, non può permetterselo.