Giovedì 25 Aprile 2024

Lapo Elkann e la foto di zio Edoardo sul comodino: "È il mio angelo custode"

Vent’anni fa moriva il figlio dell’Avvocato. Il tweet pieno di amore da parte del nipote: "Non c’è giorno che io non pensi a lui"

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Lapo Elkann dice di avere avuto un vantaggio rispetto allo zio Edoardo: essere stato il nipote di Gianni Agnelli e non suo figlio, cosa che ha reso la vita un po’ più semplice. Il vecchio ragazzo con il viso smunto dei ritratti di El Greco e il Peter Pan leopardato. Il principe senza corona e l’imprenditore che un giorno, davanti al reparto di rianimazione, l’astrologa Giacoma Garagagliano detta Mina definì "un Bilancia fragile, timido e buono". Uno introverso e defilato, l’altro sempre sul carro del suo personale carnevale. Diversi. Eppure vicinissimi. Sintonizzati sulla stessa frequenza che qualcuno, banalizzando, chiama eccentricità.

L’unico a ricordarlo pubblicamente è proprio Lapo con un tweet pieno di maiuscole: "L’ho amato con tutto il mio Cuore. È il mio angelo custode. Ricordo emozionato la sua sensibilità e umanità. Non c’è giorno in cui non penso a lui. In camera da letto una sua foto mi ricorda che è SEMPRE vicino a me#15 novembre". La mattina del 15 novembre del 2000 Edoardo Agnelli uscì di casa con addosso una giacca di velluto beige sopra il pigiama. Aveva 46 anni e non è più tornato a Villa Sole, un po’ beauty center e un po’ ashram indiano, con i divanetti arancioni e i tappeti di lana cotta. ‘Crazy Eddy’, lo chiamavano così gli amici americani. Era andato a cercarsi nei monasteri tibetani, sotto i cieli d’Africa, fra gli odori di Calcutta. Ma l’irrimediabile affermazione di sé fu quel salto dal parapetto dell’autostrada Torino-Savona. Il corpo senza vita venne trovato alla base del trentacinquesimo pilone del viadotto vicino a Fossano. La Fiat Croma, con il motore acceso e il bagagliaio socchiuso, cento metri sopra. La magistratura concluse velocemente le indagini sostenendo l’ipotesi del suicidio. Ancora oggi c’è chi mette in dubbio la versione ufficiale dei fatti. Lapo potrà avere dimenticato qualche anniversario, ma è stato con lui prima e dopo: "Mio zio era una persona bella dentro e bella fuori. Un insofferente che soffriva e alternava la riflessione all’istinto".

Lapo Elkann (Alive)
Lapo Elkann (Alive)

Due cose che portano a pasticciare con la vita, figli e nipoti senza eccezioni, nel calderone di disgrazie che è diventata la cifra della famiglia. "Certe cose dure che ha vissuto le capisco oggi meglio di ieri. E ho sempre questo grande dolore nel pensare che si sarebbe potuto fare di più. Che avremmo dovuto fare tutti di più". Bagliori di gloria e polvere, in questo lo ritrova ancora mentre predica che il segreto è "imparare a surfare sulle onde della vita. "Ho una personalità ossessiva e se hai una personalità ossessiva devi esserne consapevole e saperla gestire. Ci sono momenti in cui ci riesci, ma a un certo punto sbandi e sbandi malamente e ti fai male. È come in un incidente in macchina. Abbiamo tutti incidenti". In un giorno di ottobre del 2005 l’asciutto dispaccio Fiat annunciava il suo ricovero al Mauriziano di Torino "per insufficienza respiratoria su base farmacologia". Tremenda fatica chiamare le cose con il loro nome. Il peggio non venne distillato dai comunicati ufficiali. L’alba tragica in un alloggio dalle parti del centro storico della Fiat, la richiesta di aiuto al 118. Lapo viene preso per i capelli, va a curarsi in America, ricomincia dal Far West e poi torna. "Sono caduto, mi sono rialzato". La differenza fra i due è tutta qui.