Sabato 27 Aprile 2024

La sfida di Roma è il vero test Meloni e Raggi si giocano tutto

La sindaca uscente potrebbe non arrivare al ballottaggio. Fd’I gioca in casa e deve puntare al primo posto

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di Elena G. Polidori

Forse è vero, come dice il candidato del centrodestra, Enrico Michetti, che Roma è una città "immobile da anni", perché è da anni, ovvero da quando terminò il mandato da sindaco Walter Veltroni (si dimise nel 2008), che la Capitale non ha più avuto una guida solida al comando. Perché poi il comune di Roma è stato commissariato due volte e nel mezzo ci sono state le gestioni di Gianni Alemanno (finita male), quella di Ignazio Marino (finita male anche quella, ma per altri motivi) e poi quella – l’ultima – di Virginia Raggi. E in 13 anni i problemi sono rimasti gli stessi: “monnezza“ ovunque, traffico perennemente impazzito, trasporti urbani fatiscenti, strade piene di buche. E cinghiali, topi, gabbiani che (complice la pandemia) ne hanno approfittato per moltiplicarsi e prendere possesso del territorio cittadino, nell’incredulità mondiale davanti ad una Capitale europea lasciata così, abbandonata a se stessa, quasi senza speranza.

Per questo la sfida amministrativa di Roma stavolta è anche una prova cruciale, un test per le forze politiche che si misureranno su programmi concreti per risolvere questi problemi di sempre e una voglia di cambiamento che si avverte fin troppo nettamente tra i cittadini, usciti dallo stordimento della pandemia, ma per niente convinti di continuare a vivere la loro città come è stato fino ad ora: ci sono i fondi del Recovery da gestire, la Capitale ne ha bisogno. E ha bisogno di una legge speciale per la sua gestione che è il vero "nodo gordiano" su cui si misureranno i quattro principali candidati in campo per lo scranno più alto del Campidoglio, in un percorso ancora pieno di insidie tra i poteri economici e politici locali e nazionali.

Perché il risultato politico che emergerà dalle urne per il sindaco di Roma avrà ripercussioni pesanti sulla tenuta della maggioranza che sostiene il governo Draghi, ma anche nell’unica opposizione rappresentata da Fratelli d’Italia; Giorgia Meloni si gioca molto sul territorio romano (il suo), punta a vincere con il suo candidato al Campidoglio, ma se questo non avverrà, conta di uscire come primo partito romano. Se entrambe le sfide dovessero fallire, il suo ruolo di aspirante leader del centrodestra ne uscirebbe inesorabilmente compromesso.

La partita di Roma è dunque complessa ma chi, comunque, non ha alcuna intenzione di mollare, nonostante risultati di gestione più che deludenti, è la sindaca uscente Virginia Raggi, grillina della primissima ora, 43 anni, avvocato, eletta la prima volta il 22 giugno del 2016. Un mandato accidentato (a dir poco) che dal ritiro della candidatura di Roma come sede delle Olimpiadi del 2024 alla gestione dei rifiuti, senza scordare le buche, l’hanno resa un bersaglio naturale. Il suo principale sfidante è Roberto Gualtieri, classe 1966, candidato sindaco del Pd, deputato, accademico e storico, per dieci anni eurodeputato e per due ministro, ha vinto le primarie del partito con 28.561 preferenze. Non è un trascinatore di folle, non è un carismatico, ma è una candidatura di peso la sua, con un profilo di forte equilibrio e serietà. Intorno a lui diverse liste, tra cui Demos improntata sul forte segno della multiculturalità.

Il centrodestra, si diceva, ha puntato tutto su Enrico Michetti, 55 anni, avvocato e professore universitario, una scelta che ha destato qualche interrogativo, considerata non di attacco nello scenario romano: come mai la coalizione che ha la maggioranza dei consensi a livello nazionale ha voluto una figura senza particolari segni distintivi se non quello di avere imbarcato Pippo Franco nella sua civica? A combattere insieme a Michetti c’è candidata in ticket come vicesindaco Simonetta Matone, per diciassette anni pm al Tribunale dei Minori, volto noto al grande pubblico perché ospite tv di Porta a Porta e non solo. Dopo aver ricoperto incarichi di governo con le ministre Mara Carfagna, Paola Severino e Annamaria Cancellieri, è diventata nel 2015 sostituto procuratore generale alla Corte d’appello di Roma.

E poi c’è lui. Carlo Calenda. Classe 1973, ex ministro del governo Renzi, dirigente d’azienda, quello che ha portato in politica un certo approccio da super manager unito a uno sfondo di schietta sincerità, è stato il primo a scendere in campo con il suo movimento, Azione, uscito dal Pd quando, nel 2019, si è capito che l’alleanza tra i dem e i grillini era davvero possibile. Al ballottaggio, i suoi voti potrebbero fare la differenza.