Mercoledì 24 Aprile 2024

La ricerca del buonsenso perduto

Gabriele

Canè

Evitiamo di prendere i 555.237.619 euro (mezzo miliardo abbondante) che guadagna Messi in quattro anni dal Barcellona, e di metterli sul piatto della bilancia. Evitiamo di provare a vedere quanti tamponi si farebbero, quante vaccinazioni, quanti banchi a rotelle potrebbero finire nelle cantine delle scuole. Evitiamo di fare del moralismo, che pure non sarebbe fuori luogo, e stiamo ai fatti. Mezzo miliardo in quattro anni per giocare a pallone sono tanti, anzi troppi. Per chi li prende, e per chi li dà. Non tanto e non solo rispetto alle siringhe o ai poveri della favelas: lo è in assoluto perché comunque sproporzionato in proporzione alla ricchezza che produce, e perché no al momento storico. Certo, nel suo contratto non ci sarà la clausola Covid, ma siccome è il secondo campionato che viene giocato senza pubblico, è chiaro che una tara andrebbe fatta. È come se avesse avuto un aumento di stipendio l’ad di una fabbrica di auto mentre i concessionari sono chiusi. Insomma, quanto guadagna Messi sono fatti suoi e del suo club (in fallimento). Quando però la cosa diventa pubblica, dunque sono anche fatti nostri, un giudizio possiamo permetterci di darlo. Dicendo che in questa realtà, anche prima del virus, la ricchezza è più che lecita, ma deve almeno servire a produrne dell’altra. Se il signor Bezos che ha inventato Amazon è il più ricco del mondo, o giù di lì, beh, tanto di cappello. Anche la "Messi-Spa" darà lavoro a parecchie persone, alzerà pure il livello dei consumi, ma lo sbilancio con quello che fornisce alla società è macroscopica. Certo, se lui li prende, c’è qualcuno senza cervello che glieli dà. E siccome non si può entrare nei rapporti tra privati, possiamo solo fare un auspicio. Che il mondo, anche quello del pallone, ritrovi in fretta il senso della misura e delle proporzioni. Con una sola bilancia. Quella del (per troppo tempo) perduto buon senso.