Giovedì 25 Aprile 2024

La mina migranti può incendiare il post pandemia

Mario Draghi è andato al governo con due compiti essenziali: fare una buona campagna di vaccinazioni e un efficiente Recovery Plan. Sul primo punto le cose stanno andando bene: alla vigilia dell’estate la maggior parte degli italiani saranno vaccinati, il Paese sarà riaperto completamente e fatti i bilanci sanitari, dovranno farsi quelli economici e sociali della guerra. Quante imprese non riapriranno mai? Quanti lavoratori di saranno sopravvissuti? Si prendano i camerieri: alla vigilia della stagione migliore sembrano scomparsi: sono andati in Spagna o chissà dove. Quelli rimasti hanno molto alzato le richieste economiche. Vogliono recuperare il perduto con aziende che non potranno recuperare il perduto.

Il Recovery Plan è materia specifica di Draghi. Sa come gestire i conti, anche se le riforme necessarie a farli quadrare sono pura materia politica. Si prenda la giustizia, sconvolta dagli scandali del Consiglio Superiore. Se andassero in porto alcuni progetti di Marta Cartabia avremmo finalmente una sterzata: ma il governo avrà la forza politica per imporla alla sua maggioranza, cioè a se stesso?

C’è un punto, tuttavia, molto più pericoloso degli altri due per il presidente del Consiglio: l’immigrazione. Gli sbarchi in Sicilia continuano e continueranno. Dall’inizio dell’anno sono arrivati 13mila persone, duemila in più di quante ne erano arrivate nell’intero 2019. Questo naturalmente ha consentito a Matteo Salvini, reduce dal proscioglimento per il caso Gregoretti, di dire che se fosse per lui farebbe quel che ha fatto due anni fa.

L’Europa, fedele a se stessa nella massima ipocrisia, non muove un dito sulla distribuzione dei profughi: figuriamoci un Macron in campagna elettorale con la Le Pen che gli morde il fondo dei pantaloni o la Merkel a quatto mesi dalle elezioni che ha visto l’inizio del suo declino quando nel 2015 ha detto: c’è posto per tutti.

Allora? L’anno scorso l’Europa ha dato sei miliardi di euro (e altri ne darà ancora) alla Turchia di Erdogan per sbarrare la via balcanica (un favore alla Germania). Solo con una forte trattativa politica dell’Europa con Libia e Tunisia accompagnata da pacchi di soldi per ripetere quello che fece Berlusconi con Gheddafi pagandogli rate dei danni di guerra sessant’anni dopo, riusciremo ad arginare il disastro. Questo dovrà avvenire presto. Se la distribuzione interna dei migranti vedesse ripetere le scene di ragazzoni a spasso nei nostri paesi tra gente ancora spaesata per la pandemia, Draghi vivrebbe il momento più delicato della sua esperienza di governo.