Giovedì 25 Aprile 2024

Covid, la lista nera Ue: Italia a basso rischio. Scoppia il caso Francia, 16mila contagi

Mattarella replica al premier britannico Johnson che aveva ironizzato sulla nostra disciplina: noi popolo serio. E Parigi non esclude un nuovo lockdown

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L’Italia è tra i Paesi con "un basso rischio" e "basso impatto per la popolazione e il sistema sanitario" e una "bassa probabilità di infezione" al Covid. A dirlo stavolta è il Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (Ecdc). Da Paese pericoloso focolaio dell’infezione siamo diventati un modello positivo. Secondo l’Ecdc con l’Italia tra i ’bravi’ ci sono anche Cipro, Finlandia, Germania, Grecia, Islanda, Lettonia, Lituania, Norvegia e Polonia. Rispetto alla scorsa settimana retrocedono tra i Paesi di "seconda fascia" il Belgio e la Svezia, che si uniscono a Austria, Danimarca, Estonia, v, Irlanda, Olanda, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Regno Unito che sono definiti "a moderato rischio" per la popolazione generale ma "ad alto rischio per gli individui vulnerabili".

Nella terza categoria, quella "ad alto rischio", ci sono Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Malta, Romania e la Spagna.

Il riconoscimento viene dopo quello dell’Oms ed è ancora più significativo alla luce di quello che accade Oltralpe dove si sono registrati nelle ultime 24 ore 16.096 nuovi casi, un numero mai raggiunto dall’inizio della pandemia. E in serata, il premier francese Jean Castex non ha escluso un ritorno al lockdown: "Non si gioca con un’epidemia. Dobbiamo fare di tutto per evitare un nuovo lockdown, ma se la situazione dovesse peggiorare ulteriormente, dovremmo tenere in conto anche questa soluzione".

"In alcuni Paesi membri – ha ricordato ieri la commissaria europea per la Salute Sella Kyriakides – la situazione è oggi peggiore che al picco dell’epidemia, a marzo, e questo significa che le misure di controllo adottate con si sono rivelate abbastanza efficaci o non sono state imposte o seguite quanto necessario". Non è chiaramente il caso dell’Italia dove Cts e Iss ribadiscono che questo risultato è frutto delle rigorose politiche di prevenzione che hanno previsto un lungo lockdown e dal comportamento della popolazione.

Già, la popolazione. Su questo ieri è scivolato il premier britannico Boris Johnson che mercoledì si era lanciato in una spericolata difesa d’ufficio sull’aumento dell’epidemia nel Regno Unito. "C’è un’importante differenza – aveva argomentato – fra il nostro Paese e molti altri nel mondo poiché il nostro è un Paese che ama da sempre la libertà". Un’uscita fuori dalle righe alla quale ha risposto puntualmente il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: "Anche noi italiani amiamo la libertà ma abbiamo a cuore anche la serietà". Già.

Quello che si chiedono gli epidemiologi è se la seconda ondata sia da noi solo rinviata. "In Italia abbiamo lavorato bene ed è ora di finirla di criticare gli italiani – osserva Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive del San Martino di Genova –, cerchiamo di riconoscere i loro meriti: la nostra capacità di reagire è stata diversa. Quello che vediamo in Francia e Spagna è frutto di misure meno severe delle nostre. E se ora i francesi ci copiano, lo fanno male". Certo, spiega il clinico, troveremo nuovi focolai, "magari sarà necessario localmente inasprire le misure di distanziamento e l’imponderabile è dietro l’angolo, ma non credo a una seconda ondata anche lontanamente paragonabile alla prima. Concorda anche l’infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli. "Nonostante l’aumento dei casi delle ultime settimane, non c’è da aspettarsi una seconda grande ondata",