Mercoledì 24 Aprile 2024

La banca dati che scopre i colpevoli. "Impossibile non lasciare tracce"

Il direttore Renato Biondo: colleghiamo campioni genetici a scene del crimine. La precisione? Al 100%

Massimo Bossetti

Massimo Bossetti

Ogni 24 ore questure e procure chiedono alla Banca dati nazionale del Dna se un campione genetico prelevato sulla scena del delitto abbia un legame con uno di quelli archiviati nel database. Così parte una ricerca e se scatta il ‘matching’, la combinazione perfetta tra i due profili, magistrati e forze dell’ordine ottengono un nome e un cognome. Fino a quel momento i profili trovati sono anonimi, identificati da un codice a barre. L’anonimato evita abusi, come casi di "colpevoli precostituiti" o tentativi di "incastro". A sorvegliare c’è il responsabile della Banca dati, il 56enne Renato Biondo (in basso a destra), biologo e dirigente superiore tecnico della polizia.

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A che punto di raccolta è la Banca dati nazionale del Dna?

"Abbiamo le tracce di 55mila persone e 30mila scene del crimine ignote. Dal 2017 abbiamo fatto 285mila campionamenti".

A chi viene prelevato il Dna?

"Ai fermati o arrestati per un reato non colposo: furto, rapina, omicidio, violenza. Sono esclusi i reati fiscali, amministrativi, finanziari".

Quanti reati sono stati risolti grazie al database?

"Abbiamo 1.200 scene del crimine collegate a un profilo di Dna, ma ci sono casi in cui un singolo ladro è coinvolto dieci volte".

Dal raccoglimento del materiale genetico alla deposizione del perito in tribunale, qual è il passaggio più delicato in cui si rischia di perdere la prova?

"La fase iniziale, la ricerca degli indizi. Nel caso del mostro del Circeo, il collega dello Sco mi disse: vai nella villa, perché lui sostiene di non essere mai stato nella stanza con le ragazze, ma non vero. La seconda volta siamo tornati e abbiamo trovato un frammento di 2 millimetri di scotch – che Izzo aveva strappato con la bocca – per legarle, attaccato su un bordo".

Quante persone sono coinvolte e che costi avete?

"Abbiamo un capitolo di bilancio dello Stato di 1,8 milioni all’anno e non basta. Qui lavorano 15 persone: biologi della Scientifica, informatici per i flussi di lavoro e tecnici che seguono la qualità del dato".

Quanti match fate al giorno?

"Ne firmo venti ogni 24 ore".

La traccia raccolta che tasso di precisione ha di appartenere al profilo schedato?

"Il 100 per cento".

Caso Yara: il materiale genetico di un uomo può finire sulle mutandine di una ragazzina in modo casuale?

"Il Dna non fluttua nell’aria, se si trova in quel punto qualcosa significa. Non credo alla contaminazione, ma agli input investigativi".

Quali sono le scene più sconvolgenti che ha analizzato?

"Le violenze sui minori. Poi lo tsunami, per il riconoscimento delle vittime, ma anche il caso Meredith mi ha colpito".

Il vostro cervellone è vulnerabile agli hacker?

"La banca del Dna non ha nomi sulle tracce: se uno le ruba, cosa se ne fa? In Finlandia hanno legato il Dna al codice fiscale".

Se uccido una persona in modo violento, è possibile che non lasci tracce di Dna?

"No. Quando analizzammo il furgone di D’Antona, era completamente pulito. Avevano usato un panno da destra a sinistra, però è sfuggito un capello sul lato di guida. Le tracce biologiche non le controlli, al contrario delle impronte. Infatti, ora i criminali bruciano tutto. Ma se si interrompe la combustione, da un frammento di capelli si estrae il Dna".

E allora perché molti omicidi restano senza colpevole?

"Non si trovano tracce pertinenti e siamo ’giovani’. Gli inglesi trovano riscontri nel 63% dei casi: hanno 6 milioni di Dna, partendo 20 anni prima di noi, e sono bravi a trovare indizi".

Dopo il caso Yara c’è stato un stop al valore del Dna nei processi e nei cold case. Perché?

"In Italia per fare analisi abbiamo 5 laboratori di polizia e 4 dei carabinieri. A fronte di 106 province che fanno indagini, diventando 212 se contiamo le forze dell’ordine e l’Arma. In più i tempi dell’autorità giudiziaria per concedere un test sono biblici. Così il sistema collassa. In Germania hanno 64 laboratori".

Ci sono ditte specializzate nella raccolta Dna che collaborano con le forze dell’ordine?

"Le ditte esistono, ma i dati non sono accessibili per le forze dell’ordine. In Italia funziona diversamente dagli States".

Il genetista Giardina ha spiegato che la fenotipizzazione del Dna è la prossima frontiera investigativa. È una tecnica in uso nelle forze di polizia?

"Non abbiamo laboratori attrezzati".

Quanto è attendibile un’immagine creata attraverso il Dna?

"Ha un margine di errore, è come una testimonianza non accuratissima. Se il campionamento del Dna è stato fatto bene, è sicuramente meglio avere quella immagine che non avere nulla".