Giovedì 18 Aprile 2024

Caccia ai killer: basta un po’ di Dna per fare l’identikit. Bufera sulla polizia

In Canada foto digitali dal materiale genetico, ma è polemica. Insorge la comunità nera: "Siamo quelli più a rischio". Una tecnologia che non si ferma all’ambito investigativo

L'identikit in 3D di un giovane che potrebbe non esistere pubblicato dalla polizia

L'identikit in 3D di un giovane che potrebbe non esistere pubblicato dalla polizia

Le tracce di Dna in una scena del crimine ci sono sempre. Come ha spiegato il re dei genetisti italiani, Emiliano Giardina, l’uomo del rivoluzionario Ignoto 1, "il delitto perfetto non esiste". Ma se gli investigatori trovano materiale genetico, che può rivelare presenze importanti, qual è l’uso che se ne può fare? Dove arrivano i limiti etici e di privacy. La polizia di Edmonton, in Canada, ha probabilmente oltrepassato questo confine, pubblicando l’immagine di una persona sospettata di violenza sessuale e ricercata da tre anni, solamente avendo a disposizione tracce di Dna.

La banca dati che scopre i colpevoli. "Impossibile non lasciare tracce"

Il dipartimento nordamericano, grazie alla collaborazione della società specializzata Parabon NanoLabs, ha generato con la fenotipizzazione del Dna (e gli algoritmi) l’identikit in 3D di un giovane, che potrebbe non esistere. Si tratta della prima volta in cui la polizia pubblica un’identikit senza riscontri, con questa tecnica all’avanguardia nelle indagine supportate da indizi genetici. E sono esplose subito le polemiche, tanto che le forze dell’ordine hanno dovuto fare marcia indietro cancellando il tweet con il volto del ragazzo 25enne africano. "Nonostante il grande impegno profuso per questo caso, la pubblicazione dell’immagine era l’ultima risorsa che ci era rimasta dopo aver seguito qualsiasi strada investigativa", ha rivelato Ennyiannah Okere, direttore operativo della polizia di Edmonton (Eps).

Gli esperti di privacy e giusti ia penale hanno sollevato la questione della discriminazione razziale in un contesto, quello americano, dove i nordafricani vengono ghettizzati e finiscono in manette molto più facilmente dei caucasici.

"Le persone di colore sono già prese di mira in modo sproporzionati nelle indagini e la liberalizzazione della fenotipizzazione del Dna aggraverà soltanto il problema – spiega Jennifer Lynch, direttrice della Eletronic Frontier Foundation –. Questa scelta è pericolosa e irresponsabile, perché l’immagine è del tutto approssimativa, non prende in esame molti aspetti fisici e ambientali". Callie Schroeder, esperta di privacy dell’Electronic Privacy Information Center conferma: "La maggior parte del pubblico che vede questa immagine generata artificialmente non sarà consapevole del fatto che si tratta di un’idea digitale e che peso, età, acconciatura dei capelli, colore degli occhi e forma del viso possono nella realtà essere molto diversi". Dopo la bufera creata, la polizia canadese si è scusata pubblicamente: "Abbiamo dato più importanza al perseguimento della giustizia per la vittima, piuttosto che al potenziale danno alla comunità nera: dobbiamo scusarci per questo errore, non è un compromesso accettabile".

La ditta incaricata di creare l’immagine in questione ha mostrato sul proprio sito una serie di casi di studio in cui la sola fenotipizzazione del Dna ha aiutato a risolvere casi di omicidio o aggressione. Ma i critici sostengono che il risultato finale non prende in considerazione i danni collaterali: dalle persone innocenti interrogate perché somiglianti all’identikit ai pregiudizi che crea nella giuria questa immagine. "Le nostre sono previsioni, ma sicuramente se gli investigatori avessero dei testimoni, non avrebbero bisogno del nostro lavoro – ha spiegato Ellen Greytak, bioinformatica e responsabile tecnico della divisione Snapshot di Parabon NanoLabs –. Noi diamo un riscontro tecnico agli inquirenti, che altrimenti non avrebbero niente in mano. È come se la polizia avesse ricevuto la descrizione del sospettato da qualcuno che non l’ha visto così da vicino da poter dire se ha delle cicatrici o dei tatuaggi, serve a restringere il campo d’azione". La ricerca del Dna e dell’albero genealogico ha preso piede anche in situazioni private e familiari. Le aziende che propongono soluzioni di questo tipo sono tante, da GEDmatch a FamilyTreeDNA, e consentono l’accesso a milioni di profili genetici anche alle forze dell’ordine. "La gente dovrebbe sapere che se invia il proprio Dna a un’azienda rivolta ai consumatori, le loro informazioni genetiche potrebbero finire nelle mani delle forze dell’ordine per essere utilizzate in indagini contro di loro o contro i loro parenti, almeno negli Stati Uniti", conclude Lynch.