Venerdì 26 Aprile 2024

Il territorio in pericolo "Da Genova all’Emilia Ecco le altre Ischia in un Paese fragile"

Fiore (Società italiana di Geologia ambientale): emergenza nazionale "Se il terreno non è compatto la pioggia intensa può generare alluvioni. Dobbiamo intervenire per adattarci al cambiamento climatico"

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dall’inviato

Alessandro Farruggia

ISCHIA (Napoli)

"Gli eventi meteo estremi sono destinati ad aumentare a causa dei cambiamenti climatici. Per questo dobbiamo proteggere le decine di potenziali Ischia d’Italia da ciò che potrebbe succedere". Cosi Antonello Fiore, presidente della società italiana di geologia ambientale, la Sigea. "Dobbiamo approvare il prima possibile – sottolinea – il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che attendiamo dal 2018, per poi consentire la creazione di piani regionali e comunali e identificare con precisione il rischio. Bisogna avere anche il coraggio di intervenire, in caso anche con delocalizzazioni, se le opere infrastruttrali di mitigazione possibili non bastano".

Quali sono le zone più a rischio?

"Per eventi di questo tipo sono a rischio le aree che hanno terreni non stabili e ad elevata pendenza. Se il terreno non è compatto, in presenza di preciptazioni forti ed intense perde la coesione e si creano colate di fango oppure semplici alluvioni flash, improvvise. Si tratta spesso di eventi combinati, con poco preavviso, che portano a colate di fango più alluvione classica. A essere minacciata è veramente una larga parte del Paese. Si parla di 65mila chilometri quadrati a rischio idrogeologico, ma di questi 9.450 sono a rischio molto elevato e 16.891 a rischio elevato. È una emergenza nazionale".

Dove si trovano queste aree?

"In tutte le regioni italiane, ma in particolare segnalo la Liguria nella zona sovrastante Genova, alle Cinque Terre, in alcune zone del Ponente. E poi le Alpi, dal Cuneese alla Valtellina, Alto Adige e Ampezzano ad esempio, e poi la costiera sorrentina e amalfitana, la zona di Sarno e il Cilento in Campania, poi attorno a Maratea e lungo le fiumare della Calabria e poi ancora la costa messinese, il Gargano, l’Appennino emiliano e romagnolo, il Molise, molte zone della Sardegna, larghe parti di Toscana e Umbria. È un quadro che richiederebbe grande cautela e capacita di gestione".

E invece?

"E invece si è continuato a costruire perfino in zone come quelle di Ischia dove il fenomeno delle colate di fango è noto e studiato. Sappiamo il rischio, noi tecnici lo denunciamo ma non si interviene. E in questi anni, nonostante la pericolosità, si è antropizzato troppo".

Troppi insediamenti?

"Dobbiamo interrogarci sul dove e come si è costruito. Spesso si è trascurato di tenere in considerazione gli aspetti idraulico e geomorfologico, che avrebbero spesso sconsigliato di edificare. Abbiamo occupato degli spazi intrinsecamente a rischio, come le aree di naturale esondazione dei corsi d’acqua oppure i versanti più instabili o esposti a colate di fango".

La situazione è peggiorata con il cambiamento del clima?

"Queste interferenze ci saranno sempre di più, visto che sta cambiando il clima. Io sono abbastanza scettico sul fatto che si riesca davvero a trovare la volonta politica per mitigare, cioè per ridurre le emissioni, ma possiamo e dobbiamo intervenire per adattarci al cambiameto climatico".