Giovedì 25 Aprile 2024

Il patrono di Milano ora ha un volto "Ecco com’era Sant’Ambrogio"

Protagonista della ricostruzione Cristina Cattaneo, l’anatomopatologa famosa per i casi Yara e Cucchi

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di Simona Ballatore

Zigomi asimmetrici, orecchie un poco a sventola, un naso importante, col setto deviato: a 150 anni dal ritrovamento dello scheletro di Sant’Ambrogio (e dei santi Protaso e Gervaso) il patrono di Milano ora ha un volto. A ricostruirlo è il laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense (LabAnOf) dell’università Statale di Milano, guidato da Cristina Cattaneo, l’anatomopatologa ingaggiata per risolvere i casi di cronaca nera più spinosi (da Stefano Cucchi a Yara Gambirasio), in prima linea per ridare un nome ai naufraghi, e chiamata anche a ricostruire la storia di persone vissute quasi due millenni fa. Storie di santi, storie di popolani, la storia di Milano, custodita nelle ossa.

Ad affidarle la missione era stata la parrocchia di Sant’Ambrogio, preoccupata per lo stato di conservazione delle sue reliquie. Di qui i primi studi in quella basilica trasformata in laboratorio: Sant’Ambrogio al momento della morte aveva tra i 54 e i 64 anni, era alto 1.68. "Era un uomo in salute – ricorda il medico legale –, anche se negli ultimi anni probabilmente aveva l’artrite, soffriva di una malattia neurodegenerativa e di una malattia ematologica. Nessun segno di violenza, solo una frattura alla clavicola destra dovuta a una caduta".

Lo studio continuerà nei prossimi mesi, anche con l’analisi del Dna, ma nel frattempo Davide Porta, responsabile tecnico del LabAnOf, ha lavorato per quasi un anno alla ricostruzione del volto di Sant’Ambrogio in 3D, partendo dal suo profilo biologico per tracciarne l’identikit, seguendo il metodo della ricostruzione facciale applicato a una copia del volto del patrono. "La difficoltà è quella di non pensare al volto che inconsciamente ciascuno di noi ha in mente – confessa –. Abito a Milano, conosco Sant’Ambrogio sin da piccolo. Il senso di responsabilità si è fatto sentire, ma il metodo ti tiene inchiodato fino alla fine, muscolo su muscolo, seguendo gli indicatori del cranio. Nella parte finale ti basi su quello che ti dice l’antropologo e lì, inevitabilmente, interpreti". Ci sono le rughe, ci sono i piccoli difetti.

Non sarà identico, ma è molto simile all’originale e se in campo forense la ricostruzione facciale serve a far scattare un ricordo, "la sorella Marcellina lo riconoscerebbe senz’altro", sorride Cristina Cattaneo. Sorpresa: somiglia anche al volto del mosaico presente in Basilica, barba a parte, che non è stata aggiunta perché mancano le prove e non si esclude la calvizie, in età avanzata.

L’obiettivo finale è uno: "Ridurre la distanza e avvicinare Ambrogio alla sua città, alla sua gente. È un gigante sulle spalle del quale noi nanerottoli della fede ci sentiamo più forti e possiamo guardare avanti. Aiutare altri a ’salirci sopra’ è un grande gesto d’amore", dice monsignor Carlo Faccendini, abate della Basilica di Sant’Ambrogio. E così sarà: da metà dicembre si potrà vedere e toccare il suo busto nella cappella di san Vittore in Ciel d’oro, accanto al suo mosaico. È stato plasmato in resina poliuretanica, resistente e igienizzabile, per renderlo fruibile anche ai non vedenti. "Noi lavoriamo sul patrimonio scheletrico, sui resti umani – chiude Cristina Cattaneo –. Le “osteobiografie“ ricostruiscono la nostra storia, la nostra identità".