Venerdì 26 Aprile 2024

Il M5S sgrida Di Maio ma non lo caccia E sul voto per l’Ucraina non c’è intesa

I grillini partoriscono un documento di critica al ministro degli Esteri senza però sfiduciarlo. Oggi il premier al Senato, aggiornata a questa mattina la decisiva riunione di maggioranza

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di Antonella Coppari

La guerra dei 5stelle si avvicina probabilmente all’epilogo e inevitabilmente le scosse telluriche coinvolgono anche il governo. Perché è proprio sulla risoluzione di maggioranza – in votazione oggi al Senato e domani alla Camera – che divampa la battaglia tra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte, anzi come dice Roberto Fico, tra Di Maio e tutto il Movimento. "Siamo arrabbiati e delusi – dichiara il presidente della Camera – Non riesco a comprendere che il ministro degli Esteri attacchi e mistifichi su posizioni rispetto alla Nato e all’Europa che dentro M5s non ci sono".

È un’esternazione durissima, che isola il titolare della Farnesina e rende il divorzio quasi inevitabile, benchè il consiglio nazionale si limiti a "censurarlo". Già: gli ortodossi schiumano indignazione, sostengono che la mozione separata per chiedere di non inviare più armi era un’ipotesi già superata quando Di Maio domenica l’ha clamorosamente denunciata come tentativo di allontanare l’Italia dall’atlantismo. In quelle ore, M5s e Leu erano già impegnati in una trattativa serrata con il sottosegretario Amendola, su tutt’altro tavolo. La richiesta rivolta al governo, spiegano, era presentarsi di fronte al Parlamento prima di ogni scelta importante, a partire dai vertici internazionali. Il modello indicato da Conte era quello dei suoi dpcm all’epoca del Covid. In un primo momento, Amendola era sembrato possibilista, poi ogni spiraglio si è chiuso: "Vorrebbe dire un commissariamento del governo da parte delle Camere". A sollevare l’obiezione è stato Draghi in persona: la controproposta di Palazzo Chigi prevedeva invece una semplice informativa dopo e non prima aver assunto decisioni urgenti e nevralgiche. A impuntarsi stavolta sono i cinquestelle e lo scontro interno ha il suo peso. Conte sarebbe stato più malleabile senza l’affondo Di Maio. Dopo quell’intemerata invece non può permettere al ministro degli Esteri di cantare vittoria e di affermare che solo grazie a lui è stato bloccato il tentativo contiano di allontanare l’Italia dal fronte atlantico. Proposta bocciata. Si arriva così al vertice che si apre nel primo pomeriggio e prosegue per ore prima di aggiornarsi a stamani. Salvini riveste i panni del pompiere: "Il governo non cadrà ma spero che la risoluzione parli più di pace che di guerra". Alcuni commentatori danno il Carroccio schierato con Draghi: i leghisti imbufaliti nel corso del summit di maggioranza smentiscono. Il consiglio nazionale di M5s si schiera invece senza ambiguità con Conte e insiste per la formula proposta dall’ex premier "di un più pieno e costante coinvolgimento del Parlamento con riguardo alle linee di indirizzo politico che verranno perseguite dal Governo italiano nei più rilevanti consessi europei e internazionali".

Fioccano tentativi di mediazione che vengono bocciati uno dopo l’altro: all’ora di cena il governo è disposto ad accogliere l’invito a presentarsi in anticipo, ma è proprio Di Maio a porre una condizione capestro. "Va bene ma solo se nel testo c’è un richiamo implicito al decreto votato in marzo che consente all’esecutivo di inviare armi senza chiedere permesso al Parlamento". Per M5s è inaccettabile, anche perché una mozione contro nuovi invii di armi ci sarà quasi certamente, presentata dal gruppo Cal formato in maggio e composto da ex 5stelle. Così alle nove di sera la capogruppo pentastellata Castellone boccia l’ennesima proposta di coinvolgimento del Parlamento: "Troppo blanda". Filtra irritazione dal resto della maggioranza per "il teatrino" dei cinquestelle. Ma tant’è: tutti danno per scontato che la quadra si troverà oggi, prima dell’intervento in aula di Draghi.

Ciò che per tutti sembra impossibile ricucire è lo strappo nel Movimento. Giovedì sarà nella capitale Grillo, che lancia il suo anatema: i panni sporchi vanno lavati in famiglia, non sui giornali, avverte. "Così ci biodegradiamo in tempi record". Le ’punture’ di Luigi andavano "ignorate", non cavalcate. Il dado, dopo l’affondo di Fico appare tratto: alcuni parlamentari della sua area hanno scritto a Di Maio – indignati per quella che considerano un attacco orchestrato da Conte – sottolineando che "lo strappo ormai si è consumato". Frena il ministro degli Esteri: stiamo calmi, aspettiamo il voto sulla risoluzione "che rafforza il governo". Poi si aprirà la riflessione. Certo è che questi 20-30 parlamentari sarebbero pronti a seguire il titolare della Farnesina – che tale resterebbe – in una in una nuova avventura centrista, magari con la sempre più scalpitante Mara Carfagna.