Venerdì 26 Aprile 2024

Il furgone esploso e le case distrutte La disperazione degli sfollati "Sono riuscita a salvare solo tre libri"

Porta Romana, la disperazione di chi nel rogo ha perso tutto: "Adesso non sappiamo dove andare". Il Comune stanzierà dei contributi d’emergenza. Tempi lunghi per rientrare nelle abitazioni ancora agibili.

di Massimiliano Mingoia

e Nicola Palma

Claudia Montevecchi ha preso i tre libri che stava leggendo ("Uno di Piccolo, l’ultimo di Carrère e Rovelli..."), ma gli operai specializzati che sanificheranno lo stabile le hanno sconsigliato di sfogliarli perché sono pieni di polvere e fuliggine. "Sono risalita un paio di volte, ma resto sulla soglia impietrita: non riesco neppure a scattare le foto col cellulare", racconta trattenendo a fatica le lacrime. Il marito Giulio Manfredi ci mostra l’interno di una stanza, o meglio di ciò che ne resta: mobili scarnificati e muri anneriti. Poi si gira di scatto verso la moglie e le dice: "Ora dobbiamo preoccuparci di trovare un posto dove dormire".

Guido Galbiati, ingegnere settantenne e nipote dell’uomo che negli anni Trenta tirò su i primi tre piani del palazzo di Porta Romana (poi ne furono aggiunti altri due), ha cercato di prendere gli spazzolini da denti in bagno, ma li ha trovati con lo stecco liquefatto. "La camera da letto non esiste più", sospira scorrendo sullo smartphone le istantanee del disastro. Giovedì mattina era al lavoro in zona Corvetto quando l’app collegata all’allarme ha iniziato a inviare alert a raffica: "Sono partito in motorino pensando a un furto e ho subito visto la colonna di fumo a chilometri di distanza: mai avrei immaginato che stesse bruciando casa mia".

Carlo Di Ceglia ha trascorso la notte in un residence con la sua famiglia, spendendo 360 euro per tre camere, e sa che il ritorno alla normalità è lontano: il suo è uno degli appartamenti più danneggiati, da un buco nel pavimento si vede la stanza del vicino. Non basta: ha perso pure l’auto, lo scooter e il gatto Mozart, che forse è scappato terrorizzato e si è rintanato chissà dove ("Vi prego, ritrovatelo", implora i tecnici della bonifica). Sono le 11.40 di ieri, alcuni degli sfollati si ritrovano davanti al portone di via Vasari 22 per confrontarsi con l’amministratrice di condominio: i tempi sono lunghi, basti dire che gli inquilini con le abitazioni risparmiate dalle fiamme dovranno comunque attendere una settimana, per consentire a una ditta di ripulire scale e spazi comuni.

Sono passate ventiquattro ore dall’esplosione che ha spaventato Milano: il furgone che inizia a bruciare in via Pier Lombardo, gli scoppi in serie del carico di bombole di ossigeno, le lingue di fuoco che arrivano al tetto, l’onda d’urto che frantuma le finestre e le sirene dei pompieri. "Dopo il primo botto, sono corsa giù per vedere cosa stesse succedendo – racconta Claudia –. Se fossi rimasta alla scrivania qualche secondo in più, sarei stata investita dalle schegge di vetro". Gli interrogativi si ripetono: "Chi pagherà? Quanto ci vorrà per rientrare?". Domande identiche a quelle che hanno tormentato per giorni gli inquilini della Torre dei Moro, bruciata come un cerino il 29 agosto 2021. In quell’occasione, il Comune stanziò più di mezzo milione di euro. Un modello, quello di via Antonini, che verrà replicato: contributi emergenziali per il rimborso delle spese di albergo e per l’acquisto di effetti personali e generi di prima necessità cancellati dal rogo.