Venerdì 26 Aprile 2024

Il confronto nel governo Duello sul reddito, poi l’intesa Salvini perde la sfida pensioni

Meloni voleva un taglio più forte del sussidio di cittadinanza ma Calderone si è imposta. La Lega porta a casa poco anche sulle tasse. Il taglio del cuneo esclude le aziende

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di Antonella Coppari

La posta in gioco nelle ore frenetiche che precedono il consiglio dei ministri è il reddito di cittadinanza. Perché è una promessa elettorale, certo, ma soprattutto perché il piatto piange, la manovra è di 32 miliardi, il deficit ne copre solo 21 – servono per attutire il peso sugli italiani del caro bollette – e bisogna trovare le coperture per il resto. Soprattutto per portare da due a tre punti percentuali, almeno per i lavoratori sotto i 20mila euro, il taglio del cuneo fiscale.

Giorgia Meloni è determinata: sia il ragionamento politico che la calcolatrice la spingono a insistere per espellere dalla platea gli ’occupabili’, quelli cioè che godono del sussidio ma potrebbero lavorare. Sono circa 600mila persone, e il problema è che molti di loro sono già occupati, ma con salari che non permettono di arrivare a fine mese. Insomma, argomenta la ministra del Lavoro Marina Calderone che sul tema tiene testa da due giorni alla premier, "c’è il rischio di ritrovarsi con 600mila disoccupati o sottoccupati in più da un giorno all’altro e nel pieno della crisi". La discussione prosegue nel vertice che si riunisce nel pomeriggio a Montecitorio: con la premier ci sono i due vice, Antonio Tajani e Matteo Salvini, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti con il vice Maurizio Leo e il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano.

Calderone la spunta: il taglio ci sarà ma a partire dal 1 gennaio 2024. Solo che così i conti non tornano, e il 2023 dunque diventa un anno con 8 mensilità. Reddito sì ma non più di otto mesi consecutivi per gli occupabili. Unica deroga: le donne incinta. "Dal 2024 - chiarisce il sottosegretario per l’attuazione del programma Giovanbattista Fazzolari - rivedremo l’intero sistema, ragionandoci su per garantire pieno sostegno ai bisognosi e inserire nel mondo del lavoro chi è in grado di lavorare".

Altro fronte caldo quello delle pensioni: la Lega ha ottenuto ben poco. Per la flat tax incrementale, che avrebbe portato qualche beneficio anche ai lavoratori dipendenti, non ci sono abbastanza soldi: si fa solo per gli autonomi. Oltre quota 103, 62 e 41 di contributi, non si può andare. Salvini fa buon viso a cattivo gioco: "Siamo soddisfatti, ci sono le misure che abbiamo chiesto", assicura all’ora di cena, quando diventa praticamente ufficiale la proroga di un anno di ’opzione donna’, ancorchè legata al numero di figli. Ma il punto davvero dolente è la rivalutazione delle pensioni e l’aumento di quelle minime. Con un’inflazione che fa lievitare di 50 miliardi la spesa previdenziale nei prossimi tre anni, limitare l’indicizzazione per le pensioni più alte è inevitabile. Resta da vedere cosa si intende per pensioni alte. Il governo ha deciso infatti di considerare il lordo, e Forza Italia intravede il rischio che risultino molto elevate pensioni in realtà tutt’altro che vertiginose. Sulle pensioni minime, però, gli azzurri strappano l’aumento di oltre 75 euro: salgono a 600 euro. In questi tempi bui non è poco: "Si va nella direzione giusta", commenta Antonio Tajani.

Ancora: così come proposto dalla presidente del Consiglio, il taglio del cuneo lascia a becco completamente asciutto le aziende. Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, punta i piedi, chiede impegni scritti per il futuro. E Forza Italia, che sul tema dà manforte agli industriali, non si arrende: e resta in armi anche dopo la conclusione del vertice. Arriva al consiglio dei ministri decisa a strappare la detassazione per i nuovi assunti dai 18 ai 34 anni: obiettivo raggiunto. Nessuna chance invece per l’altro cavallo di battaglia di Arcore: il taglio dell’Iva su pane e latte. A sconfiggere i berlusconiani in questo caso sono stati i calcoli da ’massaia’: la misura avrebbe un costo alto con scarsi effetti sulle tasche dei consumatori. Qualcosa come 22 euro l’anno, una miseria. Sarà invece attivata dai comuni una ‘social card’ per famiglie con redditi inferiori ai 15mila euro: il fondo che sarà messo a disposizione per fornire gratis beni di prima necessità dovrebbe aggirarsi intorno ai 500 milioni. Quindi ci si limiterà a portare al 5% la tassa su assorbenti e prodotti per l’infanzia.