Mercoledì 24 Aprile 2024

Guerra in tribunale sul profumo di D’Annunzio

Milano, l’erede di un collaboratore del poeta perde la causa con un’azienda. "Il nostro Aqua Nuntia fatto in collaborazione col Vittoriale"

Migration

L’idea non basta. Neppure se l’ispirazione è d’autore, arriva da lontano e porta la firma del Vate. Dopo i giudici europei, anche quelli del Tribunale di Milano hanno scritto lo stesso finale. Anche se – dal punto di vista giuridico – ci potrebbe ancora essere un’appendice.

Di poetico, però, in questa vicenda che coinvolge suo malgrado Gabriele D’Annunzio c’è davvero poco. Resta sulla carta una sentenza, atto formale di una causa "iniziata nei primi mesi del 2018", racconta l’avvocato Luca Giove, socio della GR Legal. La rete di specialisti nella difesa della proprietà intellettuale e industriale ha assistito Mavive e The Merchant of Venice controllate dalla famiglia veneziana Vidal, che da oltre un secolo opera nel settore dei prodotti per la cura alla persona. Le due società sono finite sotto accusa due anni e mezzo fa in merito al profumo ‘Aqua Nuntia’.

La fragranza appartiene alla linea ‘I Profumi di D’Annunzio’ ispirata al Vate e lanciata nel 2017 con la Fondazione ‘Il Vittoriale degli Italiani’ che ha sede in provincia di Brescia (Gardone Riviera). Ma un’erede di un collaboratore del poeta si è messa di traverso aprendo una battaglia legale. L’accusa: contraffazione e concorrenza sleale. I fatti portati davanti ai giudici europei e milanesi – sezione imprese del palazzo di giustizia – sono questi: il nome del profumo ’Aqua Nuntia’, la formula della fragranza e la stessa bottiglia erano stati ideati da D’Annunzio.

Mavive e The Merchant of Venice li hanno rivisitati in chiave contemporanea nell’ambito della loro collaborazione col Vittoriale. "La signora che ha intentato la causa – spiega l’avvocato della GR Legal – aveva registrato il marchio denominativo ’Aqua Nuntia’ in Italia e poi a livello europeo senza tuttavia mai immettere in commercio il prodotto e limitandosi ad attività di natura preparatoria alla sua commercializzazione. Non dico che fosse alla fase zero, ma non si era neppure arrivati a pubblicizzare l’idea". E – precisa il legale delle società controllate da Vidal – "dopo cinque anni di inutilizzo, il marchio torna nella disponibilità".

Il Tribunale di Milano ha respinto le rivendicazioni dell’erede e accertato la decadenza del marchio italiano per mancato utilizzo confermando di fatto la linea dell’Euipo. L’ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale aveva già dato ragione alle due società veneziane e disposto la cancellazione della registrazione del marchio in Europa. "La sentenza europea – distingue l’avvocato – è definitiva, quella di Milano può essere oggetto di ricorso in Appello. Sul piano giuridico si tratta di una delle poco frequenti sentenze relative alla non rilevanza degli atti preparatori al lancio di un prodotto". Tradotto: finché un marchio non diventa di dominio pubblico resta poco più di un’idea. Che ha un periodo di incubazione per diventare progetto industriale al termine del quale muore.