Sabato 27 Aprile 2024

Guerra di religione La messa solitaria dello zar e l’alleanza col patriarca Kiev caccia i preti filorussi

Dopo la finta tregua per le festività, Mosca pianifica l’attacco di primavera e si prepara ad arruolare altri 500mila uomini. L’incognita Bielorussia. Zelensky studia un piano di pace, ma si tiene stretti gli alleati Usa ed europei

Migration

di Marta Ottaviani

Il presidente russo, Vladimir Putin, ha assistito alla celebrazione della Messa di Natale solo, in una delle cattedrali all’interno del complesso del Cremlino. Festività sotto tono per la guerra, ma anche per i risvolti che ci potrebbero essere nei prossimi mesi.

L’APPELLO

DEL PATRIARCA KIRILL

Nel giorno di Natale è tornato a prendere la parola il Patriarca Ortodosso, Kirill. Un discorso puntato all’unità fra gli ortodossi e al ruolo della Chiesa Ortodossa che "sta facendo di tutto per impedire a russi e ucraini di diventare popoli nemici". Il Capo del Patriarcato di Mosca ha parlato di "una nazione nata dal fronte battesimale di Kiev" e che "si estende dal Mar Bianco al Mar Nero". Un modo decisamente politico di usare la religione per fare intendere che l’Ucraina non esiste ma esiste solo il risultato della fusione dei popoli attraverso l’ortodossia, ossia la Russia.

Non solo. Il Patriarca ha parlato anche di una "divisione politica" che sta facendo di tutto per rendere la Russia un nemico agli occhi degli ucraini. Ormai, insomma, è guerra aperta non solo sul campo, ma anche nelle sfere più spirituali. Quest’anno, infatti, molti ucraini hanno deciso di abbandonare il calendario giuliano e di festeggiare il Natale il 25 dicembre come i cattolici. Un vero e proprio campanello di allarme per Kirill, che adesso può contare 13 sacerdoti in meno sul territorio ucraino. Il presidente di Kiev, Volodymyr Zelensky ha sospeso loro la cittadinanza ucraina perché considerati filo russi.

LE FORZE IN CAMPO

Intanto si guarda con attesa e preoccupazione alle prossime date. Zelensky sta preparando un piano di pace in 10 punti da presentare il 24 febbraio e ha detto che il 2023 sarà un anno cruciale per la liberazione dell’Ucraina e continua a tenere contatti con gli Usa e le cancellerie europee per ottenere nuove armi. Segno che, oltre ai piani di pace, non è comunque intenzionato ad arretrare di un millimetro, come del resto non lo è Mosca.

Il presidente Putin sta pianificando una nuova, grande operazione di terra per l’inizio della primavera. Stando alle fonti russe, dovrebbero parteciparvi 800mila uomini. Questo però vorrebbe dire portare sul campo di battaglia altre 500mila persone oltre alle 300mila reclutate durante la mobilitazione parziale. Molti temono che il presidente nelle prossime settimane potrebbe dichiarare la mobilitazione generale del Paese, oltre alla legge marziale. Questo sarebbe l’inizio di una vera e propria guerra di logoramento fra le due nazioni, che coinvolgerebbe inevitabilmente anche la comunità internazionale.

L’ENIGMA LUKASHENKO

Per comprendere come potrebbe evolvere il conflitto, sarà importante vedere come si comporterà la Bielorussia. Da mesi, il presidente Putin ha chiesto all’omologo Lukashenko di entrare in guerra al fianco della Russia, ma per il momento quest’ultimo ha rifiutato non solo per le sorti incerte di Mosca sul campo di battaglia, ma anche per motivi di ordine interno. L’appoggio al Cremlino potrebbe provocare nuove, forti rivolte nel Paese, dopo quelle del 2020 seguite alla vittoria di Lukashenko alle presidenziali, che la popolazione ritiene essere il frutto di brogli elettorali.

Una situazione che rende difficile prendere una decisione che rappresenterebbe un grande vantaggio per Mosca. In questo caso, l’Ucraina potrebbe essere attaccata anche da Nord e Kiev sarebbe ancora più sotto tiro. Ieri, nel discorso di Natale, Lukashenko ha parlato di "sostegno ai russi, ma senza dimenticare gli ucraini", oltre ad aprire ai dissidenti bielorussi scappati all’estero.