Sabato 27 Aprile 2024

Fontana di Trevi affascina i leader Da Totòtruffa al rito della monetina

Il gesto augurale dei protagonisti del G20 in un luogo reso mitico dalla leggenda e dal grande cinema

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di Massimo

Donelli

ROMA

La Fontana di Trevi? In principio fu "La Dolce Vita" (1960), il capolavoro in bianco e nero di Federico Fellini (1920-1993). Per avere la scena perfetta, il regista riminese torturò, letteralmente, la svedesona Anita Ekberg (1931-2015) e il frusinate Marcello Mastroianni (1924-1996) con un’intera settimana di riprese notturne, tra febbraio e marzo.

Freddo maledetto. Specie per i due attori, costretti a stare a mollo per ore e ore. Lei, solo con quell’abito lungo e nero che ne esaltava il décolleté.

Lui, invece, sotto lo smoking indossava una muta da sub. Inutilmente: "Quando giravamo, la notte, c’era gente dappertutto. Arrampicata sui tetti, affacciata ai balconi. Ferma sulla scalinata. Faceva un freddo terribile.

E per convincere Marcello ad entrare nell’acqua gelata lo abbiamo dovuto vestire da sommozzatore. Però aveva ancora freddo. E per resistere al bagno fuori stagione si è dovuto bere un’intera bottiglia di vodka.

Con il risultato che, quando abbiamo cominciato a girare la famosa scena con la Ekberg, era completamente ubriaco!" raccontò il regista alla giornalista Maria Novella De Luca. Sacrificio ben ripagato.

Quel frammento di copione (55 secondi appena), quel brevissimo scambio di battute (Lei: "Marcello, come here! Hurry up!" ovvero "Marcello vieni qui! Sbrigati!"; lui: "Sì Sylvia, vengo anch’io! Vengo anch’io!": 69 lettere in tutto) hanno un posto di rilievo nella storia mondiale del cinema.

E un angolino nella Storia (stavolta la s maiuscola è d’obbligo) ha anche la scena che ieri ha fatto il giro di tutti i telegiornali del pianeta: i leader del G20 schierati l’uno a fianco all’altro alla Fontana per essere immortalati mentre lanciano alle loro spalle la speciale moneta da un euro coniata in occasione del vertice di due giorni nella Capitale.

Un gesto scaramantico di origini… tedesche! Fu infatti l’archeologo Wolfgang Helbig, nato a Dresda nel 1839 e morto a Roma nel 1915, a inaugurare la tradizione cui nessun turista riesce a sottrarsi.

Perché leggenda vuole che quel gesto possa propiziare il ritorno nella Città Eterna: nessun soggiorno, infatti, per quanto lungo, può mai bastare per goderne appieno la bellezza.

Mario Draghi, nato a Roma 74 anni fa, il 3 settembre 1947, ha voluto così regalare alla sua città e alla Fontana – che poggia su Palazzo Poli, fu progettata dall’architetto Nicola Salvi (1697-1751), richiese ben trent’anni prima di essere completata – uno spot meraviglioso. E ha riacceso i ricordi che quel capolavoro tardo barocco suscita in milioni di persone sparse per il mondo.

Specialmente negli italiani. I quali non dimenticano un altro film fra i molti in cui la Fontana compare. È meno famoso de "La dolce vita", ma, almeno qui da noi, altrettanto mitico: si intitola "Totòtruffa ‘62".

Diretto dal romanissimo Camillo Mastrocinque (1901-1969), uscito nel 1961, non è sicuramente titolo da Oscar, anzi. Ma regala un’imperdibile scena cult: quella in cui Totò, padre indebitato, fingendosi proprietario della Fontana (larga 20 metri e alta 26) la vende a un turista italo-americano per 10 milioni di lire, intascandone subito, a mo’ di anticipo, 500 mila.

Una truffa, appunto.

Perché, naturalmente, la Fontana appartiene al Comune di Roma. Anche se le monetine non finiscono nelle casse del Campidoglio, bensì in quelle della Caritas. Una beneficenza che vale tra 1,5 e 2 milioni di euro l’anno.

E che lo spot del G20, costato appena… 15 euro (quattordici leader più Draghi: avrà detto "Guys come here!"?), renderà ancora più generosa. Bravo SuperMario!